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Extraterrestri nell' India protostorica ?

Ultimo Aggiornamento: 11/09/2008 18:27
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10/09/2008 10:37

di R. Pinotti e M. Blondet

Pensando possa interessare a molti di Voi riporto un articolo di qualche anno fa


Enrico


Extraterrestri nell' India protostorica ?

di R. Pinotti e M. Blondet

Gli «specialisti» derisero Heinrich Schliemann, il commerciante tedesco che meno di un secolo fa pretese di andare alla ricerca dell'antica Troia prendendo per buone le indicazioni dell' Iliade e dell'Odissea, che secondo gli studiosi erano un miscuglio di miti e leggende senza fondamento. Ma fu proprio Schliemann, il «dilettante», a scoprire Troia.

Forse è proprio quello l'atteggiamento giusto: condurre le ricerche avendo sott'occhi i testi antichi, e sforzarsi di prenderli sul serio anche quando ciò che narrano appare inverosimile. È quel che hanno fatto nel 1978 uno studioso di sanscrito, David Davenport, cittadino britannico nato in India, e il giornalista italiano Ettore Vincenti, dopo la lettura del Ramayana.
Poema epico e contemporaneamente testo sacro indù, centomila strofe (è il più prolisso libro di poesia esistente), il Ramayana è, come nel resto l' altro poema nazionale, il Mahabharata, un confuso racconto di guerre e di battaglie avvenute in un'antichità indefinita e leggendaria lungo la valle dell'Indo.

«La cosa che più colpisce nella lettura è che queste battaglie non sono combattute con lance e spade», racconta Ettore Vincenti. Eccone un esempio: il brano è tratto dal Mahabharata:

«Il valoroso Aswatthaman (un personaggio), risoluto, toccò l'acqua e invocò l'arma Agneya (da Agni, «fuoco»). Puntandola verso i suoi nemici visibili e fuori vista, sparò una colonna esplosiva che si aprì in tutte le direzioni e provocò una luce brillante come fuoco senza fumo, a cui seguì una pioggia di scintille che circondò completamente l'esercito dei Partha».

       Mohenjo-Daro

Ed ecco gli effetti dell'arma:

«I quattro punti cardinali furono coperti di buio.., un vento violento e cattivo cominciò a soffiare. Il sole sembrò girare in senso contrario, l'universo sembrò febbricitante. Gli elefanti, scorticati dal calore, si misero a correre terrorizzati».
Persino l'acqua si mise a «ribollire e gli animali acquatici mostrarono un'intensa sofferenza».

Qualche centinaio di versi più oltre, il Mahabharata descrive gli effetti di un'altra arma, della «Narayana»:
«I guerrieri... furono visti togliersi le armature e lavarle nell'acqua». «Queste descrizioni», dicono Davenport e Vincenti «richiamano alla memoria in modo impressionante gli effetti di esplosioni atomiche e di bombe al fosforo».
«In realtà», spiega David Davenport «nel Ramayana vengono descritte parecchie armi che, per quanto possano sembrare fantastiche, somigliano molto ad armi modernissime. Il glossario delle armi del Mahabharata stilato dall'illustre sanscritista indiano Hari Prasad Shastri parla per esempio dell'arma Kamaruchi, «freccia intelligente, che va dove vuole», in cui senza troppa fantasia si può vedere un missile telecomandato. O della Murchchdhana, «arma che causa la temporanea sospensione di tutte le sensazioni»; forse un gas nervino?
E l'arma Nadana, «che produce gioia», non potrebbe essere un gas esilarante? E la Shabdaveditva, «freccia che segue i suoni ed è capace di colpire gli oggetti nascosti», non può ricordare un missile capace di orientarsi automaticamente dietro le onde sonore degli aerei nemici?».

Sì, perché nei testi indù si parla abbondantemente di aerei. «Il termine sanscrito è vimana», spiega Davenport «che letteralmente significa 'uccello artificiale abitato'. I libri sacri dicono che i vimana possono volare e li descrivono come vere e proprie macchine. Vien detto anche che al loro interno 'non fa né troppo caldo né troppo freddo, l'aria vi è temperata in ogni stagione': è impossibile non pensare alla climatizzazione delle cabine dei nostri aerei».

Gli increduli possono scuotere il capo. David Davenport ed Ettore Vincenti hanno fatto qualcosa di più costruttivo. Nel Ramayana (Uttara Kanda, cap. 81) si parla di un rishi (un «sapiente») che, adirato contro gli abitanti di una città chiamata Lanka, dà un preavviso di sette giorni; al termine dei quali promette «una calamità, che cadrà come fuoco dal cielo». Ebbene: testo sacro alla mano, i due si sono recati in India per identificare questa Sodoma orientale.


Davenport e Vincenti ritengono, per motivi linguistico-geografici che sarebbe troppo lungo spiegare, di aver identificato l'antica Lanka («isola») nella città di Mohenjo-Daro, centro della «civiltà di Harappa», fiorita (e improvvisamente estinta) attorno al 2000 avanti Cristo. Mohenjo-Daro, nome moderno (significa «luogo della morte») era chiamata qualche secolo fa «Isola» (Lanka), perché era circondata da un braccio secondario del fiume Indo, oggi prosciugato. Gli scavi archeologici, condotti sopratutto dai britannici, una trentina d'anni fa, hanno messo in luce una realtà misteriosa e sconvolgente.

«Gli ultimi abitanti di Mohenjo-Daro sono periti di una morte subitanea e violenta», ha scritto l'archeologo Sir Mortimer Wheeler. Nelle macerie della città sono stati trovati 43 scheletri evidentemente il grosso della popolazione aveva fatto in tempo a sfollare): si tratta di persone colte da una morte istantanea mentre attendevano alle loro faccende. Una famigliola composta da padre, madre e un bambino, è stata trovato in una strada, schiacciata al suolo mentre camminava tranquillamente. «Non si tratta di sepolture regolari», ha scritto l'archeologo John Marshall, «ma probabilmente del risultato di una tragedia la cui natura esatta non sarà mai nota». Un'incursione di nemici è esclusa, perché i corpi non presentano ferite da arma bianca. In compenso, come ha scritto l'antropologo indiano Guha, «si trovano segni di calcinazione su alcuni degli scheletri. È difficile spiegare questa calcinazione...». Tanto più che gli scheletri calcinati sembrano meglio conservati degli altri.
È un mistero per cui Davenport e Vincenti hanno arrischiato una spiegazione, di cui hanno reso minutamente conto in un libro che hanno scritto insieme: 2.000 a. C. : distruzione atomica (Sugarco editore, Milano).
«L'antica Lanka è stata spazzata via», sostengono «da una esplosione assimilabile ad una deflagrazione nucleare». Le prove? «Abbiamo individuato chiaramente sul posto l'epicentro dell'esplosione», spiega Davenport. «È una zona coperta da detriti anneriti, resti di manufatti di argilla. Abbiamo fatto esaminare alcuni di questi detriti presso l'Istituto di Mineralogia dell'Università di Roma: risulta che l'argilla è stata sottoposta ad una temperatura altissima, più di 1.500 gradi, per qualche frazione di secondo. C'è stato un inizio di fusione subito interrotta. È escluso che un normale incendio o il calore di una fornace possano produrre questo effetto.
Inoltre, le case dell'antica città sono state danneggiate con tanto minor gravità, quanto più sono lontane dall'epicentro. Nei pressi dello scoppio, gli edifici (in mattoni, con piani superiori in legno che sono andati completamente distrutti) sono stati rasi al suolo. Un po' più lontano restano muretti alti un metro e mezzo; nei punti più lontani della città le mura rimaste in piedi superano i tre metri».

È l'inequivocabile effetto di un'esplosione avvenuta a qualche metro da terra. «L'ipotesi che il disastro sia stato provocato da un'esplosione di tipo nucleare», dice Ettore Vincenti «è rafforzata da una leggenda che abbiamo raccolto da un abitante del luogo. Egli ci ha raccontato che "i signori del cielo", adirati con gli abitanti dell'antico regno dove ora c'è il deserto, hanno annientato la città con una luce che brillava come mille soli e che mandava il rombo di diecimila tuoni. Da allora chi si arrischia ad avventurarsi nei luoghi distrutti viene aggredito da spiriti cattivi che lo fanno morire».

David Davenport ed Ettore Vincenti non si nascondono che la loro ipotesi appare del tutto inverosimile. «È difficile credere», dicono «che una civiltà di quattromila anni or sono, capace di costruire missili, 'macchine volanti' e bombe atomiche, sia scomparsa senza lasciare tracce. Una civiltà tecnologica sarebbe anche una civiltà industriale: quindi una civiltà che lascia montagne di rifiuti e di rottami. Anche fra quattromila anni i resti della nostra attuale cultura tecnologica dovrebbero essere visibili: se non altro per la grande quantità di macerie, ruderi di cemento, spazzatura di vario genere. Niente di tutto quanto si trova nella città di Mohenjo-Daro : la quale era una città prospera ed avanzata, con pozzi disposti razionalmente ed un progredito sistema di fognature, ma certamente non inserita in un sistema tecnologico paragonabile al nostro. Le poche armi ritrovate sono lance e spade, non certo fucili e pistole».
E allora? «Si impone l'ipotesi extraterrestre», dice Vincenti. «I 'signori del cielo' che distrussero l'antica Lanka erano forse esseri giunti da 'altrove'. Colonizzatori spaziali che si sono comportati come tutti i colonizzatori: con brutalità e prepotenza. Forse, aggrediti dagli abitanti di Mohenjo-Daro, hanno voluto infliggere loro una punizione esemplare. A suon di bombe atomiche».  

Padroni di non credere a quest'ipotesi.
Ma gli indizi raccolti da Davenport e Vincenti sono numerosi e impressionanti.

Fonte : Il Giornale dei Misteri n. 214

[Modificato da Artorius80 10/09/2008 10:37]
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10/09/2008 17:15

Ottimo articolo Enrico. Aggiungo a proposito l'intervista a Roberto Pinotti, uscita su archeomisteri maggio giugno 2007

http://www.cun-veneto.it/intervista_a_pinotti.htm
[Modificato da Alfredo_Benni 10/09/2008 17:15]
Alfredo Benni - Consigliere Nazionale
Coordinatore CUN Lombardia

Mai litigare con uno stupido. Un passante potrebbe non capire la differenza tra te e lui.

www.cun-veneto.it - http://cunnetwork.freeforumzone.leonardo.it/
"Procediamo a zig zag verso un futuro luminoso (Mao Tsetung)"
11/09/2008 10:22

Introduzione - Nella letteratura Vedica, sono molte le descrizioni di macchine volanti chiamate Vimana. Il poema epico nazionale indiano, il Mahabharata è un opera lunga e complessa. Non sono rimaste prove (archeologiche) della tecnologia aerospaziale indiana antica, ma i riferimenti a macchine volanti sono comuni negli antichi testi
vedici. Molte di queste opere descrivono il loro uso in guerra.
Dipendendo dai punti di vista, potrebbe trattarsi di fantascienza, oppure la cronaca di un conflitto tra esseri con armi potentissime ed avanzate.
La scuola europea considera la civiltà umana come qualcosa di recente cominciata ieri da qualche parte in Africa, e finita oggi con la scoperta dell’atomo, concependo la cultura antica come primitiva e selvaggia. È una “superstizione moderna” quella di pensare che l’avanzare verso la conoscenza sia qualcosa di lineare. La nostra visione “della preistoria” è inadeguata. Noi non abbiamo ancora liberato le nostre menti dalla presa di una Religione “una-e-unica”, un solo Libro Sacro “uno e unico” e una sola Scienza “una e unica”.
Nessun fatto cesserà mai di esitere, ma questi vengono spesso ignorati… (Aldous Huxley) Non lasciate che le vostre menti siano afferrate dalla dottrina prevalente… (Alexander Fleming 1881-1955)
La menzione di aeroplani, ricorre molte volte in tutta la letteratura Vedica. Il verso che segue (tratto dallo Yajur-Veda), descrive il movimento di una di tali macchine:

Yajur Veda, 10.19

 “O ingegnere specializzato, tu che progetti navi oceaniche, spinte da motori ad acqua come quelli usati nei nostri aeroplani, che danno la capacità di alzarsi in verticale oltre le nubi e viaggiare in tutta la regione. Sii tu, prosperoso in questo mondo e vola attraverso l’aria e attraverso la luce” Il Rg Veda, il documento più antico della storia descrive alcuni di questi mezzi di trasporto:
 

Jalayan – è un veicolo progettato per muoversi sia in aria che in acqua… (Rig Veda 6.58.3)
 

Kaara – è un veicolo progettato per muoversi sia sulla terra che in acqua… (Rig Veda 9.14.1)
 

Tritala – è un veicolo progettato per muoversi nei tre elementi... (Rig Veda 3.14.1)
 

Trichakra Ratha – è un veicolo a tre motori progettato per muoversi nell'aria…(Rig Veda 4.36.1)
 

Vaayu Ratha – è una veicolo sospinto da un motore ad aria… (Rig Veda 5.41.6)
 

Vidyut Ratha – un veicolo sospinto da un motore potentissimo…è (Rig Veda 3.14.1).
 

Il termine Kathasaritsagara indica operai altamente specializzati, questi potevano essere dei Rajyadhara, esperti in meccanica e in grado di costruire navi oceaniche o dei Pranadhara, esperti nel fabbricare macchine volanti capaci di trasportare oltre 1000 passeggeri. I testi affermano che queste macchine erano capaci di coprire in pochi istanti lunghissime distanze.
citazione:

Secondo Dott. Vyacheslav Zaitsev: “…il Ramayana racconta molte storie di astronavi celestiali, dotate di due motori e molte finestre che rombano nel cielo e che sono così veloci che sembrano comete. Il Mahabharata e altri libri in sanscrito descrivono dettagliatamente queste astronavi come dotate di motori a fotoni che sfruttando la luce, potevano librarsi nell’aria e raggiungere altri pianeti del sistema solare e andare oltre verso le stelle...”.


Appunti puranici sulle antiche macchine volanti - L’Arthasastra di Kautilya (3zo secolo A. C.) menziona fra gli uomini d’affari e tecnocrati, i Saubhikas o piloti che conducono gli aeroplani in
cielo. Saubha era il nome della città aeroportuale del Re Harishchandra e la radice di “Saubika” indica una persona in grado di volare o che sa come pilotare un velivolo. Il saggio Kautilya usa
un’altra parola significativa “Akasa Yodhinah” la cui traduzione è: persone addestrate per il combattimento aereo. L'esistenza di carri aerei, di qualsiasi forma, era così nota che trovò posto fra gli editti reali dell’Imperatore Asoka che fu giustiziato durante il suo regno da 256 A.C. Il Vaimanika Shastra, fa riferimento ad altre 97 autorevoli opere di cui almeno 20 di questi libri, spiegavano i meccanismi delle macchine volanti, purtroppo questi testi sembrano andati irrimediabilmente perduti. Lo Yuktikalpataru di Bhoja, include un appunto sulle macchine volanti nei versi 48-50. Questo confermato da un commento all’opera datato 1870 D.C., che appartiene all’Università di sanscrito di Calcutta. Siamo quindi in possesso di materiale manoscritto che testimonia l’esistenza di Vimana o aerei nell’India antica i quali seguivano la rotta occidentale, verso il Mare Arabico, l’Africa, Oceano Atlantico, l’America Latina, ecc., e queste erano solo le rotte più brevi. È probabile che delle navi avessero seguito la stessa rotta via mare, ma la maggior parte delle navi da carico, comunque dovevano seguire rotta più lunga attraverso l’Oceano pacifico, Indonesia, Polynesia, America Latina a causa dei venti e delle correnti equatoriali che rendevano più facile la navigazione.
E se gli antichi indiani potevano vantarsi di una forma di viaggio attraverso il cielo, questo fa si che le linee di Nazca in Perù acquisiscano un altro significato. Quindi non solo referenze scritturali di aerei e le loro rotte di navigazione, ma anche i luoghi di atterraggio sarebbero stati segnalati nei contorni aggrovigliati delle figure della Pampa di Nazca. Maria Reiche, una scienziata tedesca, studiò con dedizione e a fondo questi disegni, li preservò dalla distruzione e li pubblicò di fronte al mondo. È probabile che le figure enormi che sono visibili dal cielo avrebbero aiutato gli antichi piloti (Saubhikas)
dell’India per sbarcare in Perù. Le linee di Nazca in Perù sembrano dei segnali di atterraggio per aerei precolombiani. Ci sono molti indizi nei testi in lingua sanscrita sul Vimana indiano che porta re e dignitari a Pataldesa. Il Ramayana descrive il volo di Ravana da Varunalaya (Borneo) a Rasatala (Perù).
Il Proffessor D. K. Kanjilal descrive la storia del Matsya Purana (capitolo 129) e dei Vimana dell’India Antica con le seguenti parole: “Dietro al velo di leggenda esce la verità scientifica che tre basi aeroportuali furono costruite ed usate da strani esseri. Una in un orbita stazionaria, un altra mobile nel cielo e la terza collocata permanentemente sulla superficie terrestre. Queste erano simili alle moderne stazioni spaziali raggiungibili ad una particolare ora da una latitudine e longitudine prefissata. La freccia di Siva (di cui parla il testo), si riferisce ad un missile ardente lanciato da un satellite in orbita che va a colpire una nave spaziale facendola cadere nell’oceano indiano. Le vestigia di un antica civiltà prosperosa, distrutta in battaglie, affiora attraverso queste antiche storie”. Questi appunti confermano l’uso di qualche genere di veicolo volante noto come Vimana di invenzioni meccaniche, carri armati, missili, ecc. Questi mezzi che sembrano strani e non scientifici, in un recente passato sono stati eguagliati dalla tecnologia umana tramite l’innovazione di armi estremamente sofisticate e di satelliti spaziali come il Mariner, Vostok, Soyuz, Aryabhatta, ecc. Questi fatti richiedono più di un semplice e passeggero pensiero.
Le macchine volanti furono designate nel Rig Veda col nome di Ratha (veicolo). Ecco come viene generalmente descritto.

La sua forma è triangolare ed è pilotato da almeno tre persone (Tribandhura). Possiede tre ruote (che probabilmente rientrano durante il volo). Il carrello possiede tre supporti, uno per ruota. Il materiale di costruzione è composto da una lega di oro, argento e ferro. La carrozzeria e tenuta insieme da speciali ribattini. Usa tre tipi di combustibile, viaggia molto veloce sfrecciando come un uccello nel cielo volando alto verso il Sole e la Luna e al suo atterraggio emette un grande frastuono. I testi vedici, affermano che il suo colore è simile a quello dell’oro e bello da vedersi.


Riferimenti dalla letteratura antica - Secondo Professore Dileep Kumar Kanjilal nel suo libro, “Vimana nell’India Antica”:
citazione: Vimana nell’India Antica
“…oltre al Vaimanika Shashtra, il Samarangana Sutradhara e lo Yuktikalpataru di Bhoja, ci sono circa 150 versi nel Rigveda, nello Yajurveda e nrll’Atharvaveda, molti passaggi letterari che appar-tengono al Ramayana, al Mahabharata,
ai Purana, al Bhagavata ed al Raghuvamsa e degli spunti nel Darma Abhijnanasakuntalam di Kalidasa, nell’Abimaraka di Bhasa, nel Jatalas, nella Letteratura di Avadhana, nel Kathasaritsagara e in molte di queste opere sono contenuti grafici di macchine volanti, spiegazioni riguardo al loro funzionamento e descrizioni delle rotte di volo...?
Il Ramayana usa entrambi i termini di “Vimana” e “Ratha”:

citazione:
Dal Ramayana
(Kamagam ratham asthaya... nadanadipatim…) …Egli Sali a bordo del Khara (aeroplano) che era decorato con gioielli e visi oscuri e si allontanò con un rumore che assomiglia al tuono delle nubi durante un temporale...
Lei potrà andare dove vuole, dopo che io e Sita attraverso un volo aereo avremo raggiunto l’isola di Lanka… Quindi Ravana e Maricha salirono a bordo del loro aereo (Vimana), grande quanto un palazzo e lasciarono quel luogo…
Poi quegli esseri, fecero salire Sita sull’aereo e si diressero verso la foresta di Ashoka e dall’alto le fu mostrato il campo di battaglia…
Quell’aereo, con grande frastuono si era innalzato nel cielo…
Riferimenti ad aerei e ad astronavi, li possiamo trovare anche nel Mahabharata. Il libro parla di queste macchine volanti, descrivendo circa 41 avvistamenti in luoghi diversi e in modo particolare parla dell’attacco di Salva all’antica capitale indiana (Dwaraka).
 

citazione:
Dal Mahabharata Il re Salva aveva possedeva una aereo noto come Saubha-pura, con il quale bombardò
Dwaraka con una pioggia di bombe e missili…
Krishna l’inseguiva, Salva si diresse verso l’Oceano, poi con una virata raggiunse di nuovo la terra ferma. Fu una lotta difficile, una battaglia ad un Krosa (approssimativamente 12000 metri) di altezza sopra del livello del mare… Krishna lanciò un potente missile che colpì l’aereo, il quale si frantumò e precipitò in mare…

Questa vivida descrizione dell’attacco aereo all’antica capitale indiana è descritto anche nel Bhagavata Maha Purana. Dove troviamo dei riferimenti a missili, sofisticate macchine da guerra e invenzioni meccaniche, molto simili ai Vimana descritti nel Mahabharata.


 

A sinistra il disegno del Sundara Vimana (sezione verticale).


La civiltà indiana - I manoscritti dell’imperatore Asoka, sono gli archivi più interessanti per istaurareuna ricerca sull’esistenza di aerei e astronavi che gli indiani chiamavano Vimana. L’esistenza di macchine volanti (di qualsiasi forma), era così nota agli antichi indiani, tanto che queste trovarono posto tra gli editti reali dell’Imperatore Asoka, scritti durante il suo regno 256 A.C. - 237 A.C.
Perfino nel Kama Sutra di Vatsyana, troviamo riferimenti ad invenzioni meccaniche originate dalle 64 scienze ausiliarie.
L’Arthasastra di Kautilya (3zo secolo A.C.), è un opera che tratta principalmente di economia e politica, ma in esso sono contenute anche informazioni di carattere scientifico e spesso fa riferimento agli ingegneri meccanici e piloti noti come Saubhika...
Una discussione riguardo all’esistenza e all’uso di macchine volanti nell’India antica, deve essere supportata da una profonda conoscenza della cosmogonia indiana. Uno studio accurato della letteratura vedica, mostrerà che questa non era solo una raccolta di poesie primordiali, ma una letteratura varia appartenente ad una società potente e dinamica dove le persone avevano la conoscenza del vapore, delle nubi, delle stagioni, dei diversi tipi di vento, della forza del vento che soffia a diverse altezze, della distesa del cielo e così via… Nel Rigveda 1.101.4, troviamo riferimenti a tre tipi di nuvole, composte da fumi e vapori, abbiamo l’esempio dell’acqua che attraverso il calore evapora trasformandosi in nubi. Molti concetti meteorologici indiani sono stati ripresi da versi contenuti nel Rigveda. Dileep Kumar Kanjilal conclude la sua ricerca dicendo:

citazione:
Vimana nell’India Antica
"Col passare del tempo ed a causa di eventi storici e calamità naturali, le macchine volanti andarono perdute insieme ai segreti della loro costruzione".
La discontinuità della conoscenza tecnica di una scienza particolare, in un noto periodo storico, non è un fatto impossibile, ciò è stato dimostrato dall’incapacità di esaminare la natura del ferro del pilastro di Chandraketu che tutti possiamo vedere nell’odierna Delhi.
Hiuentzang, un pellegrino cinese del 7 secolo D.C. fece precisi riferimenti a 7 palazzi storici, dei quali non rimane più nessuna traccia.
Sir P. C. Roy, aveva mostrato che durante il periodo che va dal 1509 alla fine del 3zo secolo A.C., si conoscevano metodi di la lavorazione su vasta scala di metalli come oro, argento, rame, ferro, latta, piombo, mercurio e la lavorazione di leghe come ottone, bronzo, e altre che come base avevano oro ed argento mischiati a materiali più vili.
Grandi varietà di minerali, gemme e pietre preziose sono state descritte dettagliatamente da Kautilya. Anche la conoscenza del processo di fermentazione giunse ad un livello molto avanzato. Con uno stato estremamente sviluppato di civiltà che fiorisce nell’arte, nella letteratura, nella storia, nella medicina, nell’alchimia, nella chimica, nella fisica, nella matematica, nell’astronomia, nell’astrologia, nella geologia, nel commercio, nell’agricoltura e nelle costruzioni navali, è naturale per pensare che il genere di macchine volanti, descritte dalla letteratura sanscrita, con tutta probabilità erano conosciute. Dai tempi di Panini ai tempi di Bhoja, abbiamo visto fiorire grandi università come quelle di Taxila, Valabhi, Dhar, Ujjain, Visala, ecc.. Gli annali di storia c’informano che i saccheggi da parte delle tribù straniere cominciarono solo dopo il 2do secolo D.C. Due secoli dopo cominciarono ad ondate, gli attacchi da parte di orde straniere, quali: arabi, turchi, afgani, ecc.. Tutte le università conosciute e i centri del sapere come: i Templi, i Viharas ed i Bhandaras che contenevano libri e tesori inestimabili dell’eredità indiana dovettero sostenere il fuoco e la furia dei predatori. In questo oscuro firmamento di devastazione e incertezza, ci furono gli sforzi del re Bhoja che nel 12mo secolo, tentò la compilazione di numerosi testi. Molte scoperte attribuite ad afgani, turchi, arabi ecc., sono state ereditate dalle opere letterarie dell’antica India…
Un esempio lo abbiamo in quello che noi chiamiamo i “numeri arabi”, che di fatto sono “indiani”, ma che sono giunti a noi a attraverso gli arabi.

 

 

Gli aerei chiamati Puspaka-vimana - La designazione originale della macchina volante era “Ratha”, che cedette il posto al termine “Vimana”. Il Samarangana Sutradhara suggerisce che il disegno dell’aereo fu imitato per costruire palazzi e soprattutto templi. Come indicato da Sayana gli aerei venivano costruiti per gli Dei (esseri alieni provenienti dallo spazio esterno). La conclusione ovvia è che Esseri Celesti provenienti da altri mondi visitarono la Terra lasciandoci in eredità la loro tecnologia. Il testo del Rigveda che va dal primo al decimo Manadal, chiama le macchine volanti Ratha. Lo Yajurveda che è considerato posteriore al Riveda, chiama le macchine volanti Vimana. Tali veicoli erano multiformi. A questi, il modello triangolare e quello quadrangolare sopravvissero, a causa della loro praticità d’uso. I Puspaka erano gli aerei più usati per la loro manovrabilità. Nei testi vedici la forma di questi aerei viene descritta come triangolare. Con un area interna molto vasta e che potevano trasportare fino a 8 persone d’equipaggio. Un tipo di ala triangolare, che spuntava da una superficie conica, lo rendeva stabile e facilmente manovrabile. Nel Mahabharata, le descrizioni delle città aeroportuali sembrano indicare un grado altissimo di tecnologia erano abilissimi nel far decollare gli aerei sopra le nubi e molto probabilmente fino alla zona dell’esosfera. Sopra il sigillo del re Husbika, troviamo l’effige del tempio di Harmikasira, fatto costruire nel primo secolo avanti Cristo nella città di Buddha-gaya, una costruzione conica su base rettangolare. Il Tempio di Virupaksa a Pattakada, costruito nel 740 D.C. possiede una base rettangolare allungata, che si sviluppa in una forma affusolata e ottagonale. La somiglianza strutturale dei templi con un elicottero moderno da ragione al Samarangana Sutradhara che tali templi furono progettati su modelli di macchine volanti. Anche il gigantesco tempio di Konaraka, di base rettangolare che si innalza formando un ottagono, sembra l’astronave di Surya (il Dio del Sole) descritta dai Purana (libri storici).

Gli aerei chiamati Shakuna-vimana - L’India ha posseduto una civiltà superiore grazie a possibili contatti con visitatori extraterrestri e le macchine volanti chiamate Vimana, descritte dagli antichi testi indiani possono evidenziare i collegamenti con la tecnologia aerospaziale moderna…
Questa ipotesi fu affermata da uno scienziato italiano alla Conferenza Spaziale Mondiale.
Il Dottor Roberto Pinotti chiese ai delegati di esaminare minuziosamente i testi indù invece di congedare tutte le descrizioni di Vimana come appartenenti alla tradizione e al mito.
L’importanza di tali studi ed investigazioni potrebbe portare a risultanti scioccanti per l’uomo di oggi perché l’esistenza di macchine volanti oltre che con la mitologia può essere spiegata con l’esistenza di una civiltà superiore e dimenticata. Concentriamo la nostra attenzione, su quegli Dei, su quegli eroi che combatterono nei cieli a bordo di aeroplani facendo uso di armi terribili.
…Queste macchine volanti, sono troppo simili ai Jet moderni. La descrizione dei Vimana è troppo tecnica e dettagliata per essere considerata un mito.

Shakuna Vimana disegnato nel 1923 sulla descrizione dei testi vedici A conferma della sua tesi c’erano numerosi testi. 32 indizi erano connessi con la tecnologia dei Vimana. Alcune tecnologie potevano essere equiparate con i sistemi usati oggi, tra queste il radar, l’energia solare e la fotografia. Citando il “Vymanika Shastra”, lo scienziato disse: Le macchine volanti dell’antica India furono costruite attraverso uno speciale calore in grado di assorbire i metalli chiamati “Somaka”, “Soundalike” e “Mourthwika”. In oltre il testo illustra sette generi di specchi e lenti installati a bordo per scopi difensivi ed offensivi. Lo specchio chiamato “Pinjula” era una sorta di scudo per gli occhi, che impediva ai piloti di essere accecati dai raggi dell’arma “Marika”, lanciata da un aereo nemico. Quanto descritto non sembra molto diverso da quello che noi oggi chiamiamo tecnologia laser.
Secondo l’esperto italiano, i principi di propulsione che secondo i pensieri più comuni, sono dovuti all’energia elettrica e chimica, potrebbero essere stati prodotti dall’energia solare. Per esempio: Il “Tripura Vimana”, spiega il “Vymanika Shastra”, possedeva uno scafo lungo e piatto… questo ci fa pensare che tale costruzione fu così ideata per sfruttare meglio i raggi solari. Il Dottor Pinotti aggiunse: …Considerando la sua forma allungata, poteva assomigliare ad un dirigibile moderno. Ma offrendo maggiore attenzione ai dettagli, l’enorme “Shakuna Vimana”, potrebbe essere definito un incrocio tra un aereo ed un razzo, la sua forma ci ricorda lo shuttle spaziale. Certamente il “Shakuna Vimana” è la macchina più complessa e sofisticata fra tutte le descrizioni di Vimana fatte dal Vymanika Shastra. L’autore di questo trattato, sembra un professore intento a spiegare ai suoi studenti, l'avanzata tecnologia dei Vimana.
Il Dottor Pinotti, citò un altra opera il “Samaraanganasutraadhaara”, la quale descrive la storia astronautica indiana, in essa 230 versi sono dedicati ai principi di costruzione dei Vimana ed al loro uso sia in guerra che in pace. Aggiunse, che gli antichi ariani conoscevano l’uso del calore come arma: ...Lo strumento di difesa chiamato “Astra”, include l’arma “Soposamhara” (la fiamma che erutta da un missile), l’arma “Prasvapna” (che provoca il sonno) e quattro generi di “Agni-Astra” (lingue di fuoco che si muovono producendo tuoni). Il dottor Pinotti, aggiunse: la macchina progettata per navigare attraverso il “Suryamandal” (il sistema solare), si chiamava “Naksatramandala” e a causa della sua descrizione di natura tecnica, non può essere messa da parte come se fosse un mito.
I viaggi nello spazio aperto, le incredibili armi di distruzione di massa ed il fatto che i Vimana assomi-gliano ai moderni oggetti volanti non identificati, suggerirebbero che l’India possedesse un grado superiore di civiltà. Nella luce di queste mie affermazioni, penso, che dobbiamo esaminare più attentamente i testi indù e sottoporre i modelli di Vimana descritti ad uno scrutinio scientifico.

A sinistra l'immagine del Shakuna Vimana
disegnato nel 1923 sulla descrizione dei testi
vedici.
 

Citazioni affascinanti - Il Bagavata Mahapurana, parla di un personaggio di nome Angira, il quale possedeva una macchina capace di condurlo ovunque nello spazio (B.M.P. 6:14:14). "Una volta il re Citraketu, stava viaggiando nello spazio su uno splendido aeroplano, che gli era stato regalato da Visnu..." (B.M.P. 6:17:4)




Tratto dal sito spazioevita.com

11/09/2008 10:25

32 Segreti degli antichi piloti di VIMANA



32 Segreti degli antichi  piloti di VIMANA  


Introduzione

Il Vymanika-Shastra o <> è un testo composto dagli Ariani presumibilmente in epoca Vedica (1200 a.C. come data più recente). Il testo, tramandato oralmente per secoli, è stato dettato, in sanscrito, dal venerabile Subbaraya Sastri e quindi redatto su ventagli di foglie di palma, tra il 1918 ed il 1923.

Il dottor Josyer, direttore dell’International Academy of Sancrit Research di Mysore nel sud dell’India, lo ha tradotto in inglese e pubblicato nel 1952.

Il signor D. W. Davenport nel 1979, nel libro "2000 a.C.: distruzione atomica" ha dato una sua interpretazioni dei 32 segreti degli antichi piloti, tradotti in italiano dal testo inglese di Josyer confrontato con quello sanscrito, alla luce delle conoscenze del tempo.

Il libro è d’estremo interesse perché ci offre una gran quantità d’informazioni sui Vimana e la loro strumentazione.

[La parola Vimana - dice Davenport – è composta dal prefisso che significa o e dal suffisso che significa ; quindi l’esatta traduzione di è: ].

L’interpretazione del testo è continuamente aggiornata alla luce delle conoscenze scientifiche e dei passi, fatti dall’Uomo, nell’Astronautica.

In questo lavoro riporteremo in corsivo la traduzione, in italiano, dei segreti, fatta da Davenport. Sotto, le doppie parentesi acute [<< >>] conterranno l’interpretazione di Davenport, condivisa da noi, e di seguito sarà riportato l’aggiornamento fatto da A. Magenta e G. Perrone nel 2001 a.D. basato sulle più recenti conoscenze scientifiche.

Il contenuto dei 32 segreti si può riassumere, per grandi linee, in: una introduzione, in cui si indica il motivo per cui sono stati dettati, e tre tipi principali di segreti, quelli per difendersi dagli avversari con sistemi psicologici o elusivi, quelli per offendere il nemico con armi chimiche e fisiche e quelli dei sistemi d’indagine e raccolta dati.

Interpretazione dei 32 segreti

Questi segreti sono così spiegati da Siddhanaatha:

1) MAANTRIKA:

come prescritto nel "Mantraadhikaara", invocando le Mantras di Chhinnamasta, Bhairavee, Vgine, Siddhaamba, si acquista il potere di ghutikaa, paadukaa, visibile ed invisibile, ed altre Mantras con potenti erbe ed oli efficaci e Bhuvaneswaree Mantra, che conferisce poteri spirituali, per costruire vimana che non si rompono, non possono essere tagliati, non possono essere bruciati e non possono essere distrutti.

2) TAANTRIKA:

acquisendo Mahaamaaya, Shambara ed altri poteri tantrici si possono trasferire al vimana.

3) KRITAKA:

studiando architetti come Vishwakarma, Chhayaaparusha, Manu, Maya ed altri (il pilota o lo specialista) imparerà a costruire vimana di vari modelli.

Questi primi tre segreti oltre che considerarli: <>, come sostiene Davenport e come da sempre l’uomo ha interpretato affermazioni simili, possono, a nostro avviso, essere interpretati anche come "l’obiettivo del manuale, ed alcune prerogative cui il pilota deve far fronte". Infatti, dice correttamente Davenport: <> sotto la guida di un Precettore competente cioè di un pilota esperto.

Inoltre l’affermazione che i vimana non si rompono, deve essere vista come un confronto tra materiali, che la tecnologia dell’epoca metteva a disposizione, e non come una caratteristica della struttura globale del vimana. Se, infatti, i vimana erano realizzati, supponiamo, con materiali ceramici in lega di titanio, questa lega, confrontata col legno, la tela, il bronzo, il ferro o il vetro, materiali in uso all’epoca non si rompe, non si taglia non si brucia. E’ quindi facile affermare che il vimana realizzato con tale materiale appare indistruttibile.

In fine il riferimento al fatto che (il pilota o lo specialista) imparerà a costruire vimana di vari modelli può essere interpretato forse come la creazione di una scuola, allocata in prossimità di luoghi di atterraggio, di tecnici o specialisti capaci di effettuare la messa a punto del mezzo e provvedere ad alcune semplici manutenzioni.

Oppure si può supporre che l’equipaggio dei vimana fosse costituito da piloti e tecnici capaci di piccole riparazioni.

Visti in questa chiave, i tre segreti appaiono del tutto logici. Il riferimento allo studio di altre materie ed alla preparazione nel proprio mestiere risultano evidenti se si sceverano i tre segreti delle espressioni di tipo religioso-fideistico che le ammantano. In altre parole si consiglia allo studente di concentrarsi prima di iniziare lo studio.

4) ANTARAALA:

nel cielo, nelle regioni atmosferiche battute dal vento, nello scontro ai bordi di correnti potenti, il vimana inavvertito ha probabilità di essere schiacciato e ridotto in pezzi. Ma essendo avvertito dell’avvicinarsi di tali punti pericolosi, il vimana può essere arrestato e guidato con prudenza.

Il quarto mistero conferma a pieno l’interpretazione precedente relativa all’aspetto tecnologico dell’indistruttibilità dei materiali del mezzo. Si dice, infatti, che "ai bordi di correnti potenti, il vimana potrebbe essere schiacciato e ridotto in pezzi". La struttura dell’aeromobile quindi è vulnerabile e non indistruttibile.

Inoltre, dice Davenport: <>

A nostro avviso, l’immobilità non era dovuta alle correnti bensì era una caratteristica del vimana che, tra i tanti modi di volo, aveva anche la possibilità di essere arrestato.

Le altre informazioni contenute nel segreto sono, che i piloti studiavano anche le caratteristiche dell’atmosfera terrestre (come vedremo meglio nel quinto segreto) e che il Vimana era dotato di un radar meteorologico con cui il pilota poteva essere avvertito dell’avvicinarsi di punti atmosferici pericolosi, in modo che il vimana può essere arrestato e guidato con prudenza. Il riferimento alla guida con prudenza è illuminante sul tipo di addestramento impartito ai piloti di questi particolari Vimana.

Questo quarto mistero contiene, come è stato evidenziato, una rivelazione sorprendente relativa al Jet-stream che, con la sua autenticità scientifica, dà la certezza che, conoscenze di tale tipo non potevano essere terrestri, in un periodo in cui la tecnologia era molto primitiva.

Si deve concludere quindi che le conoscenze non sono dovute ad esperti locali o terrestri. L’unica ipotesi plausibile è quindi che, all’epoca della consegna di tali segreti, in India vi fossero presenze aliene.

5) GOODHA:

come spiegato nel , utilizzando i poteri Yaasaa, Viyaasaa Prayaasaa nell’ottavo strato atmosferico attorno alla terra, si attraggono i contenuti bui dei raggi solari e si possono usare per nascondere il Vimana ai nemici.

La frase, come spiegato nel ,… nell’ottavo strato atmosferico attorno alla terra, indica chiaramente che esistevano libri di meteorologia.

I piloti dei vimana includevano quindi, nella loro preparazione, anche studi sull’atmosfera terrestre, come abbiamo anticipato nell’interpretazione del quarto segreto.

Ancora, chiarisce Davenport: <<….se si considera che la luce è una vibrazione di frequenza variabile e che il nostro occhio è capace di avvertire una ristrettissima banda delle frequenze possibili (dai rossi ai violetti). ………. Se i piloti dei Vimana riuscivano a far sì che i loro velivoli riflettessero unicamente raggi di frequenza non percepibile, avrebbero potuto, almeno in teoria, diventare invisibili.>>

Le attuali conoscenze, però, ci spingono a chiederci se l’invisibilità di cui si parla nel segreto è solo ottica o anche Radarica cioè strumentale?

L’interpretazione ottica di Davenport, da noi condivisa, può essere ampliata supponendo una capacità camaleontica del Vimana di assumere colori totalmente coerenti con l’ambiente circostante in modo tale da renderlo invisibile. Se infatti le pareti esterne del vimana fossero costituite da strutture di forma piramidale o di sagoma opportuna, si otterrebbero colori riflessi simili al cielo o alle nuvole (come vedremo meglio nel settimo e nel ventinovesimo segreto).

Se invece si suppone che l’invisibilità potrebbe essere anche strumentale e cioè radarica, l’interpretazione più logica, alla luce delle attuali conoscenze, sarebbe che il Vimana fosse in grado di creare disturbi o echi radar casuali che rendono automaticamente invisibile il vimana agli occhi meccanici dei radar di ricerca perché le apparecchiature, ricevendo echi incoerenti, filtrerebbe automaticamente tali disturbi cancellando le loro tracce dagli schermi e quindi rendendo invisibile il Vimana, come avviene attualmente con gli Stealth, o aerei furtivi.

6) DRISHYA:

dalla collisione nell’atmosfera della forza elettrica e della forza del vento, viene creato uno splendore incandescente, il cui riflesso, catturato dallo specchio frontale del Vimana, può essere manipolato per produrre un Maaya-Vimana, o Vimana camuffato.

Il fenomeno descritto nella prima parte del segreto, scoperto soltanto dopo gli anni trenta, è quello della ionizzazione dell’atmosfera prodotta dal vento solare che ionizza le molecole dei gas presenti nei vari strati atmosferici. Le molecole, cui vengono strappati uno o più elettroni, si trovano in uno stato eccitato e cioé riscaldato. Questi ioni, attraendo gli elettroni liberi prossimi a loro si deionizzano emettono fotoni, viene quindi creato uno splendore incandescente. Tali fenomeni producono, sia il tremolio della luce che attraversa lo strato ionizzato sia la creazione di miraggi, dovuti dalla riflessione totale della luce che colpisce gli strati termicamente eccitati con opportuni angoli di incidenza.

Dal segreto si evince che lo specchio frontale del Vimana è forse in grado di dirigere luce laser verso strati atmosferici ionizzati dando origine ad un miraggio, o Vimana camuffato. Abbiamo ancora un segreto che anticipa conoscenze scientifiche che l’Uomo acquisirà solo in tempi recenti.

7) ADRISHYA:

secondo il , per mezzo del Vynarathya vikarana ed altri poteri nel cuore della massa solare, si possono attrarre le forze del flusso etereo nel cielo e mescolarle con il Balaahaa-vikarana shkati nel globo aereo, produrre in questo modo una copertura bianca che renderà il Vimana invisibile.

Questo settimo segreto, così come il sesto, si riferisce ad alcuni fenomeni fisici prodotti dal sole sull’atmosfera terrestre, che vengono sfruttati dal Vimana per camuffarsi. Il fenomeno descritto in questo settimo segreto è quello della condensazione dell’aria ottenibile elettricamente sfruttando gli strati ionizzati dell’atmosfera e mescolarli con il Balaahaa-vikarana shkati nel globo aereo, per generare forse un rapido raffreddamento del Vimana che produce, una copertura bianca che renderà il Vimana invisibile, cioè una nebbiolina che consentirà di confondere il Vimana con una nuvola. La teoria dei cumulonembi, di recente formulazione, spiega, in modo dettagliato, quello che il vimana fa in questo segreto. La nostra tecnologia non è ancora in grado di farlo, ma abbiamo le capacità tecnologiche per realizzare questo trucco, senza che si creino problemi insormontabili per i nostri esperti.

8) PAROKSHA:

secondo il , o Scienza della Nascita delle Nubi, entrando nel secondo strato delle nubi estive e attraendo il potere interno con lo specchio di attrazione di forza del Vimana, e applicando al Parivesha o alone, del Vimana, si genera una forza paralizzante e i Vimana nemici sono messi fuori uso.

Questo ottavo segreto continua lo stesso discorso, iniziato nel settimo, relativo alla creazione ed allo sfruttamento delle nuvole. Scrive Davenport: <>

Va sottolineato che la descrizione del procedimento da usare per sfruttare al meglio il fenomeno fisico delle nuvole cariche elettricamente è in questo caso molto interessante. Si consiglia infatti di prelevare il potere interno… entrando nel secondo strato delle nuvole estive.

Tale soluzione è suggerita per ridurre al massimo i pericoli per il Vimana attaccante.

Infatti prelevando le cariche entrando nel secondo strato della nuvola, cioè al centro dove non vi sono cariche elettriche accumulate, scegliendo di prendere le cariche in base al punto in cui si trova il vimana, (cioè positive se è leggermente in alto o negative se è leggermente in basso rispetto al punto mediano della nuvola) queste risulteranno della stessa polarità di quelle esterne alla nuvola. Ciò evita la scarica tra la nuvola ed il Vimana carico.

L’operazione consente forse di sfruttare anche, oltre alla scarica inviata dal Parivesha del Vimana attaccante sul Vimana nemico, una seconda scarica prodotta dalla parte esterna della nuvola verso il Vimana colpito in precedenza ed opportunamente caricato rispetto alla sua posizione relativa alla nuvola, rafforzando in tal modo l’azione con due fulmini consecutivi, uno del vimana ed uno della nuvola.

La nostra continua ripetizione e sottolineatura del concetto: "che le nozioni scientifiche del manuale risultano esatte" serve solo a rafforzare l’idea che non si tratta di immaginazione o di supposizioni che risultano per caso corrette, bensì di conoscenze scientifiche reali note ai "Precettori competenti".

E’ certo che tali conoscenze fossero ignote ai nostri antenati sia all’epoca della comunicazione sia a quella della dettatura e stesura di tali segreti. La struttura dei cumulonembi è infatti un’acquisizione recente. Purtroppo non disponiamo dei molti testi cui fanno riferimento i diversi segreti, ma nessuno può affermare che tali conoscenze, anche se scritte su testi antichi, fossero patrimonio della conoscenza terrestre, dal momento che abbiamo dovuto impiegare secoli se non millenni per renderli patrimonio della nostra conoscenza.

9) APAROKSA:

secondo il , con la proiezione del raggio di luce Rohine, le cose di fronte al Vimana sono rese visibili.

<> interpreta correttamente Davenport.

Ma, attualmente, la più recente tecnologia è in grado di produrre anche radar ad infrarossi ed in altre gamme di frequenze. Il segreto quindi potrebbe riferirsi anche a tali tipi di radar in grado di vedere dentro le nuvole o nello sfondo a colori uniformi, eventuali Vimana camuffati.

Decisamente la tecnologia dei Vimana anticipa in modo straordinario ciò che noi stiamo raggiungendo solo ora, 4000 anni dopo.

10) SANKOCHA (CONTRAZIONE):

come prescritto nel Yantraango-pasamhaara, quando il Vimana sta andando in velocità, con le ali completamente stese e c’è un pericolo davanti, azionando il settimo interruttore del Vimana, le sue parti possono essere fatte contrarre.

Sostiene Davenport: <>

Una conferma indiretta di tale procedura viene dalle testimonianze relative all’ondata Belga del 1989-90. I Vimana di tale ondata si comportarono come descritto nel decimo segreto, variando le dimensioni e cambiando il moto.

11) VISTRITA:

secondo l’ quando il Vimana è nella corrente aerea centrale nella prima e nella terza regione del cielo, azionando l’interruttore nell’undicesima sezione del vimana, questi si espande convenientemente.

<> afferma correttamente Davenport.

Il decimo e l’undicesimo segreto ci risultano, stranamente, estremamente chiari perché la nostra recente tecnologia ha creato aerei con ali ad ampiezza variabile e regolabile che consentono di operare esattamente come indicato nel testo sanscrito. La scienza del volo nell’atmosfera era perfettamente conosciuta all’epoca. La tecnologia offre le stesse soluzioni meccaniche quando si conoscono le leggi dell’aerodinamica. Non dimentichiamo che tali nozioni non erano note ai nostri antenati nel secondo millennio a.C. né, nel primo quarto del ventesimo secolo, si disponeva di tali tecnologie.

12)VIROOPA KARANA:

come affermato nel , producendo il 32° tipo di fumo con l’apposito meccanismo, caricandolo con la luce delle ondate di calore nel cielo e proiettandolo attraverso il tubo Padmaka Chakra sullo specchio Vyroopya, cosparso d’olio bhiravee in cima al Vimana, e facendolo girare al 123° tipo di velocità, ne emergerà una forma fiera e terrificante del Vimana che causerà grande spavento in chi guarda.

13) ROOPAANTARA:

come stabilito nel , preparando gli oli griddhrajihwaa, kunbhinee e kaakajangha e ungendone lo specchio distorcente del Vimana, applicandovi il 19° tipo di fumo e caricandolo col Kuntinee shakti nel Vimana, ne appariranno forme come il leone, la tigre, il rinoceronte e il serpente, la montagna e il fiume che confonderanno e stupiranno gli osservatori.

14) SUROOPA:

attraendo i 13 tipi della forza Karaka menzionati nel , applicando aria sovraccarica di neve e proiettandola attraverso il tubo convettore d’aria verso gli specchi pushpinee-pinjula nel lato anteriore destro del Vimana e focalizzandoli sopra il raggio Suragha, apparirà a chi guarda il Vimana una donzella celeste coperta di fiori e di gioielli.

Questi tre segreti potremmo annoverarli tra quelli di tipo difensivo, o più correttamente, di tipo elusivo - psicologico.

Essi insegnano, secondo la giusta interpretazione di Davenport, in che modo devono operare i piloti, con gli apparecchi disponibili sul Vimana, per realizzare: << … una specie di cortina fumogena dalle dimensioni controllate, adatta a spaventare (e quindi tenere lontane) le popolazioni indigene, piuttosto che a produrre un qualche effetto sui veicoli nemici.>>

Le dettagliate spiegazioni sul modo di operare, pur se di difficile interpretazione letterale (solo perché non disponiamo della corretta chiave interpretativa), sono tutte interpretabili, attualmente, come procedure atte a creare chimicamente, con vari tipi di fumo e mediante opportuni specchi rotanti e distorcenti, ologrammi di vimana o di animali giganti, proiettati su una porzione di cielo opportunamente preparata.

Sono molto interessanti i riferimenti relativi alla produzione di sostanze chimiche diverse indicate come 19° o 32° tipo di fumo, al caricamento degli specchi ricoperti opportunamente di oli del tipo bhiravee, griddhrajihwaa, kunbhinee e kaakajangha ed alla proiezione delle diverse immagini tramite il tubo Padmaka Chakra o Kuntinee shakti o convettore d’aria che sono focalizzati sugli specchi rotanti. L’estensore si sforza di chiarire ai piloti i fenomeni che si producono a seguito delle loro azioni sui meccanismi di bordo, senza spiegare l’intima essenza dei gas.

E’ particolarmente rilevante notare la descrizione del 14° segreto in cui applicando aria sovraccarica di neve e proiettandola attraverso il tubo convettore d’aria verso gli specchi pushpinee-pinjula nel lato anteriore destro del Vimana e focalizzandoli sopra il raggio Suragha, apparirà a chi guarda il Vimana una donzella celeste coperta di fiori e di gioielli.

Il raggio Suragha, a nostro avviso può essere interpretato come raggio Laser. Ma la cosa più sorprendente è che tale fenomeno, studiato da Malanga e Pinotti come "fenomeno BVM", potrebbe senz’altro essere interpretato come la realizzazione di un ologramma, interpretato per secoli dai testimoni come l’apparizione della Beata Vergine Maria.

In fine la creazione di fiori e di gioielli si può spiegare se si realizzano intorno all’immagine, mediante aria sovraccarica di neve, cristalli di ghiaccio che diffrangono la luce creando riflessi colorati che ricordano i fiori o le pietre preziose. L’impreparazione tecnica, l’illusione ottica e lo stato psicologico del testimone fanno il resto.

15) JYOTIRBHAAVA:

come affermato nel dal Samgnaa e altri 16 digitis dello splendore solare, attraendo il 12° e 16° digitis e focalizzandoli sulla forza dell’aria nella sezione Mayookha del quarto sentiero del cielo, e similmente, attraendo la forza dello splendore etereo e mescolandola con lo splendore del settimo strato della massa d’aria e poi proiettando queste forze attraverso i tubi del Vimana sulla sezione dello specchio ghuaa-garha, sarà prodotto un ricco splendore come quello del sole del mattino.

Effettivamente il passo può essere interpretato, con Davenport, come: <>

L’uso della parola digitis ed il chiaro riferimento all’azione della focalizzazione sulla forza dell’aria nella sezione Mayookha del quarto sentiero del cielo, fanno nascere, ad un contemporaneo, sia l’idea della luce Laser, sia quella della luce solida che, mediante campi elettromagnetici quantizzati o "digitalizzati" e "focalizzati", può essere diretta, con opportuni specchi elettromagnetici, (specchio ghuaa-garha?) in qualsiasi direzione ed a qualsiasi distanza.

Il colore di tale luce può variare a seconda dell’energia e della frequenza usata per produrre tale luce, ma spesso, almeno sulla base dell’esperienza delle osservazioni fatte nella maggior parte delle osservazioni di OVNI, essa varia dal bianco all’arancio, cioè al colore simile a quello del sole del mattino.

16) TAMOMAYA:

come è descritto nel per mezzo dello specchio della forza buia, catturare la forza dell’oscurità, passarla attraverso il meccanismo Thamo nella sezione Nord-Ovest del Vimana, e azionando un interruttore, si produce a mezzogiorno la totale oscurità di una notte di luna nuova.

In questo segreto si afferma che esiste il meccanismo Thamo capace di inviare, in una parte di spazio, opportune onde luminose che riescono a produrre il buio.

L’operazione è tecnicamente fattibile se si inviano in un determinato spazio onde elettromagnetiche di uguale intensità, ma di fase opposta rispetto a quelle esistenti in tale area, in modo da annullare la propagazione delle onde elettromagnetiche nella gamma del visibile. In tal modo si creerebbe, al pari dell’effetto diapason per il suono, un effetto diapason per la luce realizzando, a mezzogiorno, per gli occhi degli osservatori, una zona buia simile ad una notte di luna nuova, come dice correttamente il segreto.

17) PRALAYA:

come descritto nel libro della distruzione, attraendo i cinque tipi di fumo attraverso il tubo della macchina concentratrice, nella parte frontale del Vimana, e immergendoli nella nube del fumo menzionata in , e spingendola per mezzo di energia elettrica, attraverso il tubo aereo dai cinque rami, si distrugge tutto come in un cataclisma.

L’interpretazione da noi data della parola "fumo" è che con questa l’estensore fa riferimento ad un composto chimico.

In tale ottica, la combinazione di composti chimici di opportuna natura è in grado di creare, in molti casi, reazioni violente o dirompenti con spostamento d’aria di notevole intensità che può essere facilmente assimilata alla creazione di "vento".

Alla luce di tale interpretazione si può pensare, con Davenport: <>, o, se vogliamo:<< una sorta di arma meteorologica capace di produrre un piccolo uragano in una zona limitata.>>

Si evidenzia, anche in questo caso, come in altri cinque segreti, la tendenza dei vimana all’uso di armi offensive che sfruttano le forze meteorologiche della natura.

18) VIMUKHA:

come menzionato nel , proiettando la forza del Kubera, Vimuka e della polvere velenosa Vyshawaanara, attraverso il tubo dello specchio Roudree e azionando l’interruttore del meccanismo dell’aria, si produce una totale insensibilità e coma.

<> Questa interpretazione di Davenport è da noi condivisa appieno.

Desideriamo comunque far notare che questa è una delle due armi che potrebbero produrre la morte dell’avversario. Però dal momento che si parla di coma, si potrebbe supporre che la vita del nemico possa essere ancora salvata se il coma non fosse irreversibile.

19) TAARA:

mescolando con le forze eteree 10 parti di forza dell’aria, 7 parti di forza dell’acqua e 16 parti di splendore solare, e proiettandole, per mezzo dello specchio a stella attraverso il tubo frontale del vimana, si crea l’apparenza di un cielo stellato.

In questo segreto ci troviamo di fronte ad un tentativo di spiegazione di qualcosa che per noi resta non chiara. Infatti se si tratta di una formula chimica, questa è molto ermetica. La stessa cosa si può dire se si tratta della creazione di un fenomeno fisico.

Per Davenport: <>

Certamente se l’obiettivo fosse l’elusione ottica nei confronti del nemico, tale interpretazione sarebbe corretta, ma se ci si riferisse ad elusione radar, si potrebbe pensare ad echi radar di disturbo per confondere eventuali missili nemici in attacco.

20) MAHAASHABDA VIMOHANA:

concentrando la forza dell’aria nei sette tubi del Vimana e azionando un interruttore si produce, come stabilito nel , un crescendo di tonante rumore che fa tremare la gente di paura, la stordisce e la rende insensibile.

<> - afferma Davenport: - < sono ben descritti: prima lo spavento per il rombo di cui è ignota l’origine, poi lo stordimento e finalmente, quando il suono diventa insopportabile, lo svenimento. Ci troviamo di fronte ad un’arma di indubbia efficacia se usata da un Vimana contro un esercito a terra. Con un mezzo del genere è realmente possibile, ad un solo , eliminare parecchie centinaia di avversari, se sono concentrati in una zona relativamente piccola.>>

I sette tubi e le sette note sono facilmente interpretabili, così come il crescendo di tonante rumore dovuto anche all’uso di ultrasuoni, che stordisce e fa svenire gli avversari.

Come al solito, se il fenomeno ci è noto l’ermetismo del segreto scompare, e si evidenzia una incredibile precisione della descrizione.

21) LANGHANA:

come stabilito nel , quando si passa da una corrente d’aria in un’altra, il Vimana affronta lo splendore baadaba del sole e prende fuoco. Per prevenire, l’energia elettrica e l’energia dell’aria del Vimana devono essere congiunte e centrate nel centro vitale del Vimana e, azionando un interruttore, il Vimana salterà verso la salvezza.

Ecco un passo che, sottolinea Davenport, senza le recenti conoscenze astronautiche

Tutti noi invece sappiamo bene, oggi, dopo le esperienze degli Apollo e delle Soyuz che, ogni qual volta si rientra nell’atmosfera, quando si passa da una corrente d’aria in un’altra, si crea un attrito sul mezzo che col calore prodotto gli farebbe prendere fuoco. L’autore del testo descrive la situazione con la seguente frase non più sibillina, il Vimana affronta lo splendore baadaba del sole e prende fuoco. Per prevenire tale situazione, dovuta sia alla ionizzazione che si produce intorno al Vimana, l’energia elettrica, sia all’energia termica dovuta all’attrito con l’atmosfera, l’energia dell’aria, si suggerisce di concentrare tali forze distruttrici nella zona in cui vi sono le protezioni termiche ed elettriche o centro vitale, costituito da piastre ceramiche termoresistenti, ed inclinando opportunamente il mezzo si salterà verso la salvezza. L’uso del verbo "Saltare" dà l’idea dello splash che fa l’oggetto quando, nel rientro a terra, impatta con gli strati più densi dell’atmosfera. Come si può notare la descrizione risulta, ai nostri occhi, chiara, coerente e fedele, dal momento che siamo in grado di applicare il 21° segreto.

22) SAARPA-GAMANA:

attraendo il dandavaktra e le altre sette forze dell’aria, e aggiungendovi raggi solari, passando attraverso il centro zig-zagheggiante del Vimana e azionando un interruttore, il Vimana assumerà un andamento a zig-zag come un serpente.

dice Davenport.

Ma se un lettore attento ed interessato alla conoscenza, leggesse il dossié "Vague d’OVNI sur la Belgique" edito dalla SOBEPS, nel 1991 ed in particolare il Capitolo 6. La detection radar, scoprirebbe, a pag. 370 del primo volume, la Figura 6.6, inserita nel testo dal Professor A. Messen, dell’Università Cattolica di Lovanio. In questa interessantissima figura viene riportata la traiettoria di un oggetto inquadrato dal radar di bordo di un F-16, alzatosi in volo per inseguire l’oggetto registrato dai radar a terra di Glons e Semmerzake nel dicembre del 1989. Quale non sarebbe la sorpresa del lettore nel costatare che tale OVNI si muove a zig-zag, proprio come consiglia il 22° segreto. Questo tipo di volo, decisamente inconsueto per gli aerei dei nostri giorni, sembra essere la normale procedura di volo degli OVNI, forse legata alle necessità del momento o alle caratteristiche dei motori di bordo dell’oggetto, sicuramente controllati da un calcolatore, dal momento si fa esplicito riferimento ad interruttori da commutare e quindi a sistemi elettrici predisposti per l’esecuzione delle manovre.

23) CHAPALA:

quando si avvista un vimana nemico, azionando un interruttore nel centro di forza della sezione mediana del Vimana a 4087 giri all’ora atmosferica, sarà generata un’onda di velocità, che squasserà il vimana nemico.

Questo segreto è molto interessante per i diversi spunti tecnici riportati.

Per prima cosa, in accordo con Davenport: < …, si desume che i Vimana erano in grado di creare fortissime turbolenze e di dirigerle verso un bersaglio preciso. Nulla di simile è ancora stato messo a punto, almeno a nostra conoscenza.>>

Ma ciò che più affascina è sia il dato scientifico della rotazione a 4087 giri all’ora atmosferica che risulta essere una rotazione multipla di p [pari a 1300 • p] sia, in particolare, il riferimento all’ora atmosferica, tipica misura del tempo locale e non universale. Quest’ultimo dato risulta estremamente corretto dal punto di vista puramente tecnico, e meraviglia per la sua precisione.

Infine la creazione di un’onda di velocità, è un chiarissimo riferimento alla padronanza della forza di gravità che noi non siamo ancora in grado di controllare, ma che, a quanto pare, è una delle armi a disposizione dei Vimana [ vedi i segreti 17°, 20°, 23°].

Sempre più tali segreti stanno diventando un manuale tecnico comprensibile anche ai nostri piloti contemporanei. Uno studio più approfondito e specifico potrebbe quindi consentirci di interpretare meglio la tecnologia in uso sui Vimana.

24) SARVATOMUKHA:

quando una formazione di vimana nemici arriva all’attacco, azionando l’interruttore nella corona del Vimana, lo si fa girare con agilità e fronteggiare gli attacchi da ogni lato.

Sostiene correttamente Davenport: <>

Il dubbio di Davenport può essere immediatamente fugato se si suppone che i piloti dei Vimana siano seduti su postazioni collegate cardanicamente al Vimana ed abbiano di fronte a loro un set di video che controllino l’esterno.

In una situazione del genere mentre il Vimana gira come una trottola, il pilota girerebbe in senso inverso annullando l’effetto trottola su di se, e mantenendo una posizione immobile rispetto alla forza gravitazionale esterna. In tale situazione potrebbe fronteggiare i vimana nemici con le sue armi situate sul rivestimento esterno del vimana, senza essere sottoposto ad azioni gravitazionali insopportabili.

Un’altra interpretazione potrebbe essere che, solo le flange esterne del vimana ed i relativi sistemi di difesa, siano l’unica parte del vimana a girare.

Ancora una volta si evince che la tecnologia dei Vimana controllava tutte e tre le forze fisiche conosciute, elettriche, magnetiche e gravitazionali.

25) PARASHABDA GRAAHAKA:

come spiegato nel , o Scienza dell’Elettronica, per mezzo del meccanismo catturatore di suoni nel Vimana, si possono sentire le parole e i suoni negli aerei nemici che volano nel cielo.

<> Conclude Davenport nel 1979.

Ma anche noi, ora nel 2001, possiamo farne a meno, potremmo rispondere attualmente a Davenport.

Riportiamo, l’interpretazione corretta di Davenport, perché ci consente di dimostrare come lo sviluppo della tecnologia terrestre permette di reinterpretare questi segreti, (o questo manuale), rendendo le indicazioni riportate perfettamente comprensibili, man mano che progrediamo nella tecnologia e nella conoscenza. Oggi infatti quasi tutti i contemporanei conoscono le sofisticate apparecchiature elettroniche realizzate dalla tecnologia e messe a disposizione delle forze di sicurezza e di intelligence per le famose intercettazioni ambientali.

26) ROOPAAKARSHANA:

per mezzo del meccanismo fotografico del Vimana, si ottiene un’immagine televisiva dell’interno di vimana nemici.

Ecco un altro esempio in cui, seguendo Davenport dovremmo concludere: >

Ma quanta fantascienza abbiamo reso scienza realizzando il GSM o i sistemi UMTS. Ricordate Star Trek. Quando la serie cinematografica fu inventata il telefonino video portatile che collegava il capitano Kirck all’Interprice era fantascienza, chiedetelo ora ai nostri figli! Ed il teletrasporto? E la luce solida? Tutta fantascienza? Ma per quanto tempo ancora?

Diamo tempo alla tecnologia e la fantascienza diventerà realtà, se crediamo che testi, come quello che stiamo analizzando non siano pure invenzioni o fantasie di visionari, ma descrizioni di apparecchiature realizzate, in altri tempi, da tecnici preparati che conoscevano bene la fisica.

27) KRIYAAGRAHANA:

girando la chiave sul fondo del Vimana, si fa apparire uno schermo bianco. Elettrificando i tre acidi nella parte Nord-Est del Vimana, e sottoponendoli a 7 tipi di raggi solari e passando la forza risultante dentro il tubo dello specchio Thrisheersha e facendo in modo che lo schermo sia di fronte allo specchio, e girando la chiave superiore, tutte le attività che sono in corso sul terreno verranno proiettate sullo schermo.

L’interpretazione nell’insieme corretta di Davenport che recita: <> non rende giustizia alla descrizione o resoconto fatto in questo segreto. Infatti la prima nozione fisicamente giustissima, è quella che girando una chiave compare uno schermo bianco. Si fa chiaramente riferimento ad uno schermo video che, quando è spento, risulta scuro all’osservatore ed appena acceso diventa bianco. La seconda serie di informazioni fisiche corrette è riassunta dalla frase Elettrificando i tre acidi, in cui sia il numero tre, sia il tipo di sostanza, gli acidi, sia l’operazione elettrificando sono tutte minuziosamente esatte. In effetti attualmente gli schermi al plasma più moderni usano picksel che vanno stimolati elettricamente e che contengono tre gas differenti, necessari per creare i tre colori fondamentali Verde, Rosso, Blu.

Ma le sorprese non sono finite. Nel segreto si dice che i tre acidi devono essere, sottoposti a 7 tipi di raggi solari. Anche questa informazione è fisicamente corretta. Infatti per riprodurre tutte le sfumature dei colori naturali, nei moderni cinescopi occorre procedere alla modulazione dei tre colori principali con i sette colori dell’arcobaleno. Infine passando la forza risultante dentro il tubo dello specchio Thrisheersha e facendo in modo che lo schermo sia di fronte allo specchio, girando la chiave superiore, tutte le attività che sono in corso sul terreno verranno proiettate sullo schermo.

Se qualcuno ha ancora dubbi sulla efficace, dettagliata ed esatta descrizione di un moderno proiettore televisivo a colori con schermo a plasma, che occorre accendere, girando la chiave superiore, [girando la chiave dell’interruttore in alto] e passando la forza risultante dentro il tubo dello specchio Thrisheersha [ed inviando il segnale modulato nel tubo catodico] facendo in modo che lo schermo sia di fronte allo specchio [ponendo lo schermo di fronte al proiettore], riteniamo che desideri solo evitare di arrendersi all’evidenza.

Un lettore attento, ma non particolarmente preparato tecnicamente potrebbe dare una descrizione migliore o differente?

28) DIKPRADARSHANA:

girando la chiave sul fronte del Vimana, il meccanismo dishaampati mostrerà la direzione dalla quale l’vimana nemico si sta avvicinando.

Davenport brevemente conclude: <> No comment!

Occorre però sottolineare un sottile, ma chiaro ed onesto, comportamento psicologico del redattore di questo manuale. La sua correttezza intellettuale è tale che, o perché non ha ricevuto istruzioni chiare, o perché non le ha capite, si limita a riportare, in questo come in altri casi, l’essenziale di uno strumento indicandone l’uso e non la sua costruzione dettagliata, come ha fatto nel segreto 27° precedente.

29) AAKAASHAAKAARA:

stando al , mescolando una soluzione di mica nera con neem e decotto bhoonaaga, e ungendone le parti esteriori di un Vimana fatto di placche di mica ed esponendolo ai raggi del sole, il vimana apparirà come il cielo e diverrà indistinguibile.

<> sostiene Davenport. Ma la descrizione è illuminante non solo perché ci spiega che il Vimana è costruito con placche di mica o con mattonelle ceramiche o leghe ceramiche-metalli come abbiamo sempre supposto, ma anche perché tali mattonelle, opportunamente verniciate nella parte esterna, ungendone le parti esteriori, cambiano l’assorbimento e la riflessione dei raggi solari cambiando quindi il colore del Vimana. L’uso di tale tecnologia è diventato normale per la NASA negli ultimi anni, per costruire aerei o capsule speciali.

30) JALADA ROOPA:

mescolando succo di melograno, bilva o olio di bael, sale di rame, nero fumo, granthica o liquido gugul, polvere di mostarda e decotto di scaglia di pesce, e aggiungendo conchiglie di mare e polvere di rocce di sale e raccogliendo il fumo della soluzione, inondandolo del calore solare che avviluppa la copertura, il Vimana apparirà come una nuvola.

La prima interpretazione data da Davenport sottolinea giustamente che: < al Vimana, nascondendolo.>>

A nostro avviso invece, un chimico esperto potrebbe chiarire gli ingredienti e le procedure, in quanto la descrizione segue le stesse modalità di precisione nella descrizione già usate nel 27° segreto. Occorre innanzitutto sottolineare che, fino a Mendeleievv e comunque non prima del XVIII° secolo, gli alchimisti erano soliti non parlare di sali, basi o carbonati di calcio, bensì, per le loro formule, usavano la descrizione degli elementi o componenti che contenevano le sostanze necessarie alla realizzazione della formula chimica desiderata. Non era inusuale quindi leggere formule contenenti frasi come succo di melograno per indicare l’uso di zuccheri e vitamine, nero fumo, per riferirsi al carbonio o conchiglie di mare e polvere di rocce per indicare silicati e carbonati.

Lo strano intruglio, sottoposto al processo di distillazione, produceva il fumo della soluzione, o più precisamente il gas, come abbiamo più volte indicato. Questo era trasformato in nuvola, inondandolo del calore solare che avviluppa la copertura.

L’azione di inondare il gas con il calore solare che avviluppa il Vimana, fa forse riferimento sia ad azioni termiche sul composto, sia ad azioni elettrriche o magnetiche per tenerlo aderente allo scafo del Vimana.

Anche in questo caso ciò che a prima vista può sembrare un racconto incomprensibile può diventare, per un esperto chimico moderno, molto chiaro.

Si dimostra quindi, ancora una volta ed in modo palese, che le descrizioni riportate nel manuale non sono racconti di un sognatore o bufale di un imbonitore, ma descrizioni precise di fenomeni concreti, fatte da un inesperto dotato di una preparazione tecnica non molto approfondita, ma sufficiente per un racconto preciso ed esatto delle apparecchiature descritte e dei fenomeni che esse producono.

31) STABDHAKA:

proiettando il fumo avvelenato Apsmaara nel tubo situato nella parte Nord del Vimana, e scaricandolo col meccanismo Stambhana, la gente negli aeroplani nemici sarà resa incosciente.

<> sostiene correttamente Davenport, e prosegue: <>

Un’altra interpretazione sarebbe possibile se si conoscesse il meccanismo Stambhana.

Noi possiamo supporre che il gas era in grado di entrare nei Vimana nemici sia sfruttando le connessioni del vimana con l’esterno, sia supponendo che tale meccanismo era capace di aprire un varco nel Vimana nemico vettorando il gas su opportuni campi magnetici modulati.

L’ipotesi che tale gas fosse capace di un’alta penetrazione, almeno con le conoscenze tecniche attuali, richiederebbe ipotizzare strani gas capaci non solo di non disperdersi nell’aria, ma di attraversare per diffusione pareti solide o cristalline.

32) KARSHANA:

quando vimana nemici arrivano in forza per distruggere il tuo Vimana, mettendo in fiamme il Jwaakine shakit nel Wyshwaanara-naal, o tubo situato sull’ombelico del vimana, e girando le chiavi delle due ruote ad 87 gradi, il rovente Shakti avvilupperà il vimana nemico e lo brucerà.

Per questo ultimo segreto dobbiamo concordare con Davenport che afferma: <

Potrebbe trattarsi di un raggio laser, o di un missile incendiario o di qualunque altra cosa.>>

La nostra conclusione, al giorno d’oggi, è che il testo ci sembra ermetico solo perché la tecnologia moderna non ha ancora prodotto strumenti capaci di fare quanto descritto. L’unica indicazione interessante per proseguire nelle ricerche è il riferimento alle ruote ad 87 gradi. Un angolo decisamente strano.

Infine notiamo che questo è l’unico segreto in cui apertamente si parla di distruzione del nemico.

 

Questi sono i 32 segreti che devono essere conosciuti dai piloti, secondo Siddhanaatha.

La conclusione del manuale è tipicamente orientale. Sembra di leggere un testo sacro, se non fosse che le nostre conoscenze sono tali da farci interpretare correttamente quanto ci viene tramandato. Le conclusioni provvisorie a cui noi siamo giunti, per il momento, alla fine di questo lavoro, sono riassunte nel capitolo seguente.

La conclusione definitiva non è ancora possibile raggiungerla ora perché manchiamo di molte informazioni importanti che forse scopriremo nel prossimo futuro, chissà forse con il ritrovamento di alcuni dei testi riportati e, speriamo, gelosamente custoditi come testi sacri in qualche sperduto monastero tibetano o indiano. Questo lavoro si prefigge di spingere altre intelligenze a proseguire nelle interpretazioni dei segreti che ci sono stati affidati.

Tratto dal sito spazioevita.com




11/09/2008 10:26

Considerazioni riassuntive odierne

<, i Vimana erano velivoli dotati di una notevole manovrabilità ed equipaggiati con perfezionati mezzi di avvistamento. In alcuni esempi simili a quelli di cui sono dotati gli aerei attuali più perfezionati. Molto dissimili dalle moderne sono invece le armi difensive ed offensive di cui sono equipaggiati.

Particolarmente interessanti i continui riferimenti ad altri testi che ci fanno capire come il Vymanika-Shastra non sia un’opera originale, ma una specie di volgarizzazione di opere molto più vaste e, si presume, molto più precise che, almeno in parte, sembrano essere andate perdute.>> Queste conclusioni di Davenport ci trovano abbastanza d’accordo.

Ma noi desideriamo analizzare in modo più epistemologico il testo.

Innanzitutto abbiamo i primi tre segreti (il 1°, il 2° ed il 3°) che, come abbiamo indicato, hanno il sapore di una introduzione ad un manuale.

Quindi vi sono sei segreti (il 4°, il 10°, l’11°, il 21°, il 22° ed il 24°) che riguardano il pilotaggio del Vimana.

Questi indicano come e quando azionare gli opportuni interruttori per guidare accortamente in caso di turbolenze, come contrarre o espandere convenientemente le ali per effettuare diverse operazioni di volo, oppure come prevenire l’azione dell’energia elettrica esterna o quella delle correnti d’aria, o, in fine, per volare a zigzag.

Altri sei segreti (il 5°, il 6°, il 7°, il 19°, il 29° ed il 30°) insegnano manovre elusive o di camuffamento del Vimana.

Per far ciò sono usati sistemi di assorbimento o di riflessione della luce solare, sistemi di ionizzazione, sistemi chimici di condensazione, sistemi elettromagnetici di elusione radar.

Inoltre vi sono cinque segreti (il 9°, il 25°, il 26°, il 27°, il 28°) di tipo informativo.

Mediante questi sistemi vengono acquisiti dati del nemico o del territorio. I sistemi comprendono apparecchiature a raggi infrarossi, radar, televisivi, sonori e di indagine ambientale.

Due segreti (il 15° ed il 16°) sfruttano fenomeni fisici della natura per creare splendore come quello del mattino oppure aree di tenebre durante il giorno per motivi di difesa o offesa.

Ancora, tre segreti di tipo psicologico (il 12°, il 13°, il 14°), hanno il compito di far compiere ai piloti azioni consistenti nello spaventare confondere e stupire gli osservatori.

Infine sei segreti (l’8°, il 17°, il 18°, il 20°, il 23°, il 31°) sono più squisitamente militari di offesa, sfruttando le forze di tipo meteorologico, che stordiscono, squassano, paralizzano, rendono insensibili i nemici colpiti con tali sistemi.

L’unico segreto decisamente distruttivo e quindi mortale, è il 32° in cui si parla chiaramente di bruciare il vimana nemico.

Resta ancora un punto che occorrerebbe approfondire e cioè:

<<i piloti dei Vimana erano terrestri, Ariani dell’epoca, reclutati ed addestrati in loco?>>.

Se tale ipotesi è vera, molte delle conclusioni a cui possiamo giungere diventano immediatamente chiare. Sembra infatti ovvio che il manuale abbia lo scopo di mettere i piloti in condizione di guidare tali apparecchiature complesse, insegnando loro soltanto ad accendere e spegnere interruttori, spiegando per sommi capi i principi fisici su cui si basano, ma tentando di chiarire ai piloti l’obiettivo che si raggiungeva con determinate azioni. In tal modo diventava facile usare queste squadre per azioni tattiche inquadrate in un’azione strategica più complessa. Inoltre spiegando ai piloti quali armi usare per disorientare, confondere, eludere, terrorizzare, stordire, rendere incoscienti, mandare in coma ed in un solo caso uccidere il nemico bruciando il suo vimana, l’eventuale ritrosia ad agire contro i propri compatrioti veniva fortemente attenuata.

Il compito di questi piloti era quindi di tipo elusivo e di disturbo.

Ben altri piloti, i Precettori competenti forse, saranno stati i manovratori dei Vimana ben più complessi e ben più offensivi, come quelli che distrussero Mohenjo-Daro.

 

Tratto da spazioevita.com

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11/09/2008 13:37

Re:
Un argomento che suscita il mio interesse Enrico, conosco l'autore che ha scritto gli articoli nel 2004 dal tuo secondo intervento in poi,è il maggior esperto di letteratura vedica italiano ma sul sito che hai messo come fonte il suo nome non viene citato... [SM=g27994] ecco qui il suo sito con la stesura degli articoli:
www.scienzeantiche.it/portal/topic.asp?TOPIC_ID=120&FORUM_ID=2&CAT_ID=1&Forum_Title=News&Topic_Title=VIMANA:+le+astronavi+del...
Che ha poi trascritto e continuato su mio forum: www.migliorforum.com/ufocontact/-paleoastronautica-vf5.html?sid=c184f4774ac2ebafcaa16f85... non capisco perchè l'admin di quel sito non lo cita neanche.
11/09/2008 18:20

Ciao Lia,
sinceramente nn so dirti come mai non venga citato. Purtroppo è prassi MOLTO comune da parte tanto di giornalisti/scrittori quanto, soprattutto per chi naviga in rete fare copia e incolla dei pezzi senza neanche citare l'autore e la fonte. In questo caso è palese il tutto perchè è in toto il pezzo!!!!! [SM=g9589]
Ho seguito il tutto con molto interesse anche sul tuo forum, è un argomento davvero di grande fascino e appeal e a breve vorrei postare altro materiale trovato, citando le fonti ovviamente, che penso e spero interesserà i Nostri forummisti.

Cari saluti
11/09/2008 18:24

Presenze Estranee nell'Antichità

di Lord David William Davenport

 

Solo ora il problema della possibilità di vita intelligente su altri pianeti sta prendendo piede in termini di indagine scientifica.I primi tentativi di ricerca sono stati condotti dagli Stati Uniti e dall’Unione Sovietica, accanto e di pari passo, ai loro programmi spaziali, ma finora solo nel nostro Sistema Solare. Questo limite di distanza, molto circoscritto è probabilmente principalmente dovuto al fatto che tra gli altri problemi la nostra tecnologia non riesce a superare quello la cui base è stata identificata da Einstein nella teoria della relatività: la velocità della luce.
In questo caso siamo senz’altro di fronte ad una legge di fondo che regola il rapporto materia-distanza probabilmente valida per l’intero Universo. Tuttavia essa non necessariamente dove essere considerata l’unica.
La ricerca futura, prima o dopo, certamente dimostrerà che all’interno delle coordinate di Einstein, esistono leggi che consentono il superamento della velocità della luce. Quando la nostra tecnologia avrà capito questo "fattore X", ci sarà probabilmente il contatto con le forme di vita intelligente all’interno della nostra galassia.
Questo non vuol dire che forme di vita sviluppata su qualche lontano corpo celeste siano al nostro livello di conoscenza tecnologica. Al contrario, tutti i dati che sono in nostro possesso, da quelli relativi ai testi antichi, agli affreschi, alle sculture e ai disegni fino ai nostri "oggetti non identificati" sembrano testimoniare che questi esseri già siano a conoscenza del "fattore X".
Altrimenti, se avessero considerato la legge di Einstein come un limite invalicabile, non avrebbero attraversato gli spazi e lasciato presso di noi un ricordo cosi nitido della loro presenza.
Voglio parlare dell’importanza di indagare nel nostro passato.
Credo, dopo anni di ricerca, che l’approccio più importante per capire la vita su altri pianeti e la chiave della loro tecnologia sia proprio nell’indagine del materiale che ci viene dal nostro passato più antico.
Questa osservazione può sembrare assurda a molti. Ed è comprensibile, se si prende in considerazione che tutta la cultura occidentale basa i suoi valori su quelli della società industriale, relativamente giovane, e analizza la storia antica dal punto di vista filosofico, mitologico e simbolico.
Tutto ciò che è antico per l’uomo moderno è simbolo di "non-cultura" e di "non-civiltà".
Partendo da questo presupposto è comprensibile che i testi antichi vengano interpretati come le fantasie di un popolo di selvaggi. Al massimo si studiano gli antichi scritti orientali come manuali di mitologia e di filosofia assieme.
Al contrario, io sono arrivato alla conclusione che questi testi sono il racconto fedele della storia dei nostri avi, i quali avevano molta poca fantasia e non vagheggiavano mai, come vorrebbero alcuni linguisti occidentali, di una terra delle meraviglie.
Certamente, i dati storici sono stati mescolati, con il passare del tempo, a quegli elementi simbolici, mitologici e filosofici che hanno colpito i nostri studiosi. Il Ramayana, il Mahabarata e il Rg Veda, però, per fare gli esempi più noti, possono consentire agli archeologi e agli studiosi di avvicinarsi con un ragguardevole livello di approssimazione al nostro passato.
Se sono veri i dati che fanno riferimento alle città, come può essere dimostrato dal Carbonio 14, se sono veri quelli relativi a guerre e all’avvicendarsi delle dinastie degli Ariani, come dimostrano le ricerche di cronologia astronomica, perché essi dovrebbero essere falsi quando fanno riferimento a viaggi spaziali?
Si può obiettare: perché non esisteva una tecnologia avanzata.
Ma la risposta è: chi ci garantisce che i nostri antenati non abbiano visto esseri di altri pianeti o addirittura non abbiano convissuto con loro?
Nessuno, a meno che non si invochino le "certezze" della società industriale moderna.
Qualcuno potrebbe ancora notare: e più facile fare le ricerche sugli avvistamenti moderni, visto che esiste una gran quantità di materiale.
Bene, esaminiamo la questione da questo punto di vista.
Abbiamo anni di avvistamenti, tanti, cosi tanti da costringere americani e sovietici ad installare centri di ricerca. Ma come si può senza ombra di dubbio provare che un UFO è un’astronave extraterrestre?
Dobbiamo lasciare da parte le voci, non provate, che gli americani abbiano preso prigionieri alcuni abitanti di navicelle spaziali.
Dobbiamo lasciare da parte queste voci, perché non c’è materiale sufficiente per condurre, a nostra volta, una ricerca. Esaminiamo invece, gli "incontri ravvicinati del primo tipo", i normali avvistamenti.
Si tratta in questo caso per lo più di oggetti volanti non identificati che sfrecciano nel cielo, che potrebbero essere qualsiasi cosa, in genere impossibili da identificare anche se si usano i più sofisticati strumenti.
Prendiamo in considerazione gli "incontri ravvicinati del secondo tipo", quando questi oggetti lasciano impronte sulla terra, disturbano gli animali, e a volte, lasciano ustioni, paralisi temporanee e nausee nei presenti.
Come si fa a dimostrare senza ombra di dubbio che si tratti di navicelle extraterrestri, solo perché segni e dati ci sembrano "diversi" e sconosciuti?
Veniamo ai famosi "incontri ravvicinati del terzo tipo", che avvengono in genere in aree isolate, avanti ad una o più persone.
Per quel che si sa, gli americani girano da tempo attorno al problema ma raramente riescono a mettere le mani su qualcosa di più di una descrizione vaga e di alcune prove, in genere terrificanti. Anche in questo caso siamo lontani dal riuscire ad individuare come e perché ci siano state queste visite, quali mezzi siano stati usati, da quali pianeti vengano le civiltà a noi sconosciute.
Al massimo si può tentare di fare una raccolta di dati, e usando le statistiche ci si può orientare verso "qualcosa", ma difficilmente si avrà la prova che questo qualcosa esiste veramente.
Persino nei confronti delle fotografie, la scienza più ufficialmente scettica ha buon gioco a sostenere che esse non sono prove.
Le note fotografie di un George Adamski indicateci da Sir Desmond Leslie, ad esempio, sembrano corrispondere a quello che immaginiamo debbano essere le navicelle extraterrestri, per forma, dimensione e proporzioni.
Ma nessuna prova scientifica, nessuna ricerca ci può fare affermare: si tratta senz’altro di una navicella aliena. Senza contare che le fotografie da sole non ci permettono di andare avanti nelle nostre conoscenze tecnologiche, di capire quel "fattore X" cui accennavo prima.
Tutto questo materiale raccolto ci dimostra tuttavia che il fenomeno degli avvistamenti deve essere messo al primo posto nella nostra ricerca scientifica.
Il problema è quello di imboccare la strada giusta.
Ed ecco che interviene l’indagine sui testi antichi. I nostri antenati, secondo me, hanno avuto incontri del primo, secondo e terzo tipo. In molti casi, addirittura, sembrano aver convissuto con esseri extraterrestri per un ragionevole spazio di tempo, a giudicare da quello che ci hanno tramandato, dalle cose scolpite, dalle pitture e dagli affreschi, dall’esperienza che hanno raccontato oralmente.
In questa direzione, un’importanza dominante la devono avere i testi scritti, facilmente databili. Di per sé, nessuna scultura, nessuna pittura prova qualcosa.
Ma se esse sono messe a confronto con quanto è tramandato, allora si può arrivare ad una seria probabilità di successo nell’indagine scientifica.
Prendiamo ad esempio, la pietra tombale più nota, scoperta dall’archeologo messicano Alberto Ruz Lhullier nel 1949, nel Tempio delle Iscrizioni di Palenque. Sono stati scritti numerosi saggi in genere favorevoli all’ipotesi che si tratti di una navicella galattica. Ingegneri aeronautici, come John Sanderson, hanno disegnato la sagoma della astronave. Ma se si arriva al fondo, nessuno ha portato una prova inconfutabile che vada al di là di una supposizione seppure fortemente motivata. La risposta a Palenque è sicuramente sommersa nella letteratura e nella tradizione del popolo che ha immaginato e ha riportato sulla pietra la "navicella spaziale". In alcuni casi persino la letteratura cui popoli vicini può aiutare.
Bisogna recuperare manoscritti, confrontarli, datarli, capire le interpolazioni successive, togliere le mitologie dalla cronaca dei fatti. Una procedura non facile, che richiede in genere, la formazione di un tema scientifico.
Come è successo con Mohenjo Daro.
Sono partito da una tradizione popolare di un’esplosione antica, ho analizzato il Ramayana, ho confrontato la mia ipotesi con quella di alcuni studiosi indiani, sono andato sul posto, ho fatto condurre le analisi sulle pietre fuse, 2000 anni avanti Cristo, da un équipe di geologi dell’Università di Roma.
Dopo queste operazioni, si può dire con quasi matematica certezza: quell’esplosione non fu naturale.
E questo lo considero solo un primo passo per analisi successive che devono scartare anche quel residuo margine di dubbio che qualcuno potrebbe avanzare.
La stessa operazione la sto conducendo sugli avvistamenti nell’antichità e sulle esperienze tramandate dai nostri antenati. Io credo che nel passato sia sepolta la soluzione per il nostro futuro, forse anche un orientamento per capire quel "fattore X" attorno al quale stiamo girando da tempo.
Solo confrontando i dati tecnici estremamente dettagliati raccontati dagli antichi Ariani con quelli oggi in nostro possesso, si può capire quale probabilità c’è che entrambi siano veri.
Le fotografie di un Adamski acquistano ben altro significato se risultano simili, come sembra, agli strumenti utilizzati sulle navi conosciute nell’antico passato. Le pitture smettono di essere frutto della fantasia di un artista per diventare un avvistamento reale. E soprattutto la scienza ufficiale non ha appigli per smontare quello che faticosamente, pezzo per pezzo, è stato oggetto di ricerca.
E solo, a mio parere, attraverso questo metodo comparativo, che un UFO non sarà più un oggetto non identificato, ma diventerà una navicella spaziale, identificata e concreta.

Roma, 1979
11/09/2008 18:27

Bibliografia essenziale su Mohenjo Daro i suoi misteri e la sua storia
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Bibliografia essenziale su Mohenjo Daro i suoi misteri e la sua storia

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a cura di Enrico Baccarini

 

 

 

1- Ancient Indian Bricks and Brick Remains - T.N. Mishra, 1997
2- Dawn and Devolution of the Indus Civilization - Shikaripur Ranganatha Rao, 1991
3- The Earliest Civilization of South Asia (Rise, Maturity and Decline) - B.B. Lal., 1997
4- Enquiries into the Political Organization of Harappan Society - Shereen Ratnagar, 1991
5- Excavations at Harappa: Being an Account of Archaeological Excavations at Harappa - Excavations at Mohenjo-Daro carried out by the Government of India between the years 1927 and 1931 - E.J.H. Mackay with Chapters by A.S. Hemmy, B.S. Guha and P.C. Basu, Reprint - First published in 1938. 1998, 2 Volumes
6- Harappan Bibliography - R.N. Dandekar, 1987
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8- Harappan Civilization and Oriyo Timbo - Paul C. Rissman, Y.M. Chitalwala, with contributions tram Gregory L. Possehl, 1990
9- The Harappan Civilization and its Writing - A Model far the Decipherment of the Indus Script - Walter A. Fairservis, 1992
10- India 1947-1997: New Light on the Indus Civilization - B.B. Lal, 1998
11- The Indus-Saraswati Civilization: Origins, Problems and Issues - S.P. Gupta, 1996
12- Its Nature and Structure - B. V. Subbarayappa, 1996
13- The Indus Terracottas - Vibha Tripathi and Ajeet K. Srivastava, 1994
14- Indian Protohistory - M.K. Dhavalikar, 1997
15- The Language of the Harappans: From Akkadian to Sanskrit - Malati J. Shendge, 1997
16- Mohenjo-Daro and the Indus Civilization: Being an Official Account of Archaeological Excavations at Mohenjo-Daro Carried out by the Government of India Between the Years 1922 and 1927 - edited by John Marshall, Reprint. First published: Landan, 1931. 1996
17- Mohenjodaro Seals - S.M. Punekar, 1984
18- Origins of a Civilization: The Prehistory and Early Archaeology of South Asia - Bridget and Raymond Allchin, 1997
19- Plants and Harappan Subsistence-An Example of Stability and Change tram Rojdi - Steven A. Weber, 1991
20- Proto-Historic Pottery of Indus Valley Civilisation: Study of Painted Motifs - Sudha Satyawadi, 1994
21- The Script of Harappa and Mohenjodaro and its Connection with other Scripts - G.R. Hunter, Reprint. 1993
22- A Source Book of Indian Archaeology: Vol. Il Settlements, Technology and Trade - edited by F.R. Allchin and Dilip K. Chakrabarti, 1997
23- The Vedic Harappans - Bhagwan Singh, 1995

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