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L'ESSENZA DEL SIMBOLO

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    carpeoro
    Post: 812
    Città: MILANO
    Età: 65
    Sesso: Maschile
    00 06/04/2011 12:02
    Visto il tenore della discussione Archetipi, Miti, Simboli riterrei opportuno chiarire come ho intsoììeso definire il significato del termine simbolo e la sua portata.

    • L’origine eloquente del termine Simbolo
    Chi si occupa di ricerca esoterica e simbolica ha sentito ripetere mille volte l’interpretazione lessicale ed etimologica del termine simbolo, il richiamo al termine greco, alla leggenda della tessera spezzata che deve combaciare.
    In effetti la parola simbolo deriva dal latino symbolum ed a sua volta dal greco σύμβολον, dalle radici σύμ- (sym-, insieme) e βολή (bolè, un lancio), avente il significato approssimativo di mettere insieme due parti distinte. In greco antico, il termine simbolo Σύμβολον aveva quindi il significato di tessera di riconoscimento o tessera ospitale, secondo l’usanza per cui due individui, due famiglie o anche due città, spezzavano una tessera, di solito di terracotta, e ne conservavano ognuno una delle due parti a conclusione di un accordo o di un'alleanza, da cui anche il significato di patto o di accordo che il termine greco assume per traslato. Il perfetto combaciare delle due parti della tessera provava l'esistenza dell'accordo. (da Wikipedia).
    Ma è su un altro aspetto che io vorrei fondare questa esplorazione. Vorrei infatti occuparmi inizialmente dell’aspetto del simbolo quale anello di congiunzione (o ricongiungimento?), tra due branche della filosofia dell’uomo che da tempo agiscono (o si illudono di poter agire?) su direzioni separate: la ricerca scientifica e la ricerca spirituale o esoterica che dir si voglia.
    Quindi il simbolo come strumento contestualmente di scienza ed esoterismo.
    Dopo Guénon, che avviò la restituzione degli Studi Simbolici e Tradizionali a metodi scientifici occorre fare o tentare di fare ancora dei passi in avanti.
    Il primo passo evolutivo, la prima relazione: il segno e il simbolo, o per meglio dire dal segno (che può anche consistere in altro significato che non sia grafico o letterale) al simbolo, la nascita, l’evocazione di un significato.
    D’altro canto, anche sotto tale profilo, appare eloquente l’etimologia della parola simbolo, laddove essa si riferisca al ricongiungimento dei frammenti spezzati tramite il quale il messaggero segreto poteva farsi riconoscere dal destinatario del messaggio.
    Solo tale ricongiungimento può trasformare il segno in simbolo.
    Ma l’uso del termine segno presuppone già l’aver varcato un confine, quello della comunicazione, che consiste in un passaggio evolutivo importante della storia dell’essere umano, che è quello della scrittura e della sua comunicazione.
    A questo punto una prima domanda si impone a chi voglia avvicinarsi costruttivamente alla nostra ricerca: esiste una vita del simbolo prima della sua comunicazione, quindi prima della tracciatura del segno?

    • Il Simbolo prima del Segno
    Dobbiamo necessariamente immaginare una fase della storia dell’uomo in cui il medesimo non aveva ancora creato la scrittura in nessuna sua forma, neanche nelle prime preistoriche raffigurazioni su pietra a nostra conoscenza.
    Il campo è davvero minato in quanto oltre al percorso dell’evoluzione della specie umana come disegnato dalla concezione darwinista ormai prevalente nell’opinione della scienza convenzionale (quello per intenderci che colloca il periodo della non esistenza della scrittura in qualcuna delle innumerevoli specie di passaggio dall’essere scimmiesco all’homo sapiens)m non si può non tener conto di tutta la ricerca di confine che ha dispiegato la nascita dell’homo sapiens in modi multiformi.
    Tali modi vanno da una provenienza da esperimenti e combinazioni, genetiche e non, costruite da altre civiltà più evolute, forse non terrestri, ad una provenienza divina come teologicamente proposta dalle religioni fondate sulla rivelazione, come quella cristiana, o ad ogni altra possibile mutazione della vita, non necessariamente fondata e mossa da una spinta meramente evolutiva della specie.
    Ma proprio questa prospettiva ci deve spingere a considerare, in ipotesi, l’universo come una specie di palcoscenico teatrale dove tutto si svolge e si ripete secondo un copione fondato sulla ripetizione di eventi fondamentali dei quali esso stesso diviene prova storica, perché mai gli eventi potrebbero essere rappresentati e ripetuti nel tempo se non fossero in precedenza già accaduti.
    Quindi il simbolo è innanzitutto la rappresentazione di un evento, che sia un fatto storico o un passaggio intellettuale metastorico, e questa valutazione ci conduce a prescindere da ogni diatriba tra evoluzionismo e creazionismo, di qualsiasi natura entrambi considerati, diatriba che induce conseguenze diverse solo in relazione alla collocazione storica e temporale di possibili fasi evolutive o creazionistiche.
    Tali considerazioni quindi non ci impediscono di immaginare un momento storico in cui l’uomo non utilizzava la scrittura, come gli stessi testi religiosi ammettono, identificando sempre un momento o un soggetto vocato alla sua introduzione nella comunità umana, magari attribuendo in precedenza all’uomo non ancora scrivente altre forme di comunicazione.
    D’altro canto molte specie animali adoperano forme di comunicazione alternative alla scrittura che pur sempre hanno (e devono necessariamente avere) una struttura simbolica perché si riferiscono a fatti ed eventi che devono essere rappresentati ed in tale rappresentazione consiste il simbolo.
    Tutti i segnali di pericolo, ad esempio, si fondano su tale presupposto: i versi degli animali cacciati rispetto alla percezione della presenza dell’animale predatore sono rievocativi di quelli emessi dalla vittima mentre soccombe al cacciatore e, nella loro rappresentazione scenica di ciò che è accaduto e potrebbe ancora accadere, diventano il Simbolo Pericolo (o Paura) e ne comunicano la portata.
    Quindi il simbolo è sempre preesistente, come evento che è divenuto patrimonio conoscitivo della specie, alle sue possibili forme di comunicazione, nate con la funzione della conservazione e della trasmissione, perché è fondato su qualcosa che è già accaduto.
    Si potrebbe a tal punto obiettare che tale definizione abbia un’ispirazione prettamente materialistica che esclude tutta quella codificazione di simboli universali, i cosiddetti Archetipi, di cui avremo in seguito occasione di occuparci, ma ciò non risponde al vero.
    Che si immagini un mondo della Natura o un mondo di Dio è scelta individuale e libera di ogni essere umano ma, indipendentemente da tale scelta, ogni essere umano, ma anche animale direi, codifica una storia di ciò che è a sua conoscenza e che è costituita dagli accadimenti, anche squisitamente spirituali, di cui, in forme più o meno avanzate, è cosciente e consapevole e, in qualche modo, questa storia conserva e comunica tramite una rappresentazione di questi eventi medesimi.
    E tutte queste rappresentazioni sono i simboli.
    Sotto questo profilo diventa altrettanto irrilevante considerare questo palcoscenico limitato alla vita dell’essere rappresentante, perchè, infatti, nessuno di noi può considerare un dogma ritenere che la vita non possa essere qualcosa di più ampio e pervasivo che travalichi, anche in termini di memoria e parziale (o forse graduata) consapevolezza, la forma, quasi platonica, della nostra identità individuale.
    Eventi, accadimenti, quindi: sul piano spirituale o materiale considerati, e la distinzione potrebbe anche essere meramente illusoria; coerentemente, dopo la fase del linguaggio, li abbiamo collegati alla parola accadere, che significa, nell’etimo, cadere dall’alto. Il termine cadere, post scripturam natum, è esso stesso un simbolo matrice di ulteriori mutazioni, anch’esse squisitamente simboliche.
    Nato per la constatazione tutta terrestre della forza di gravità, per la quale tutto ciò che arriva sulla terra è una caduta, o per quella tutta fideistica, non solo di matrice cristiana o ebraica, di una caduta dell’essere umano medesimo da uno stato edenico superiore, tale termine ha consentito di disegnare i multiformi percorsi degli eventi. Incedere, Succedere, Procedere, Accadere, Decadere sono tante direzioni possibili con un’unica origine: Cadere.
    Come, per l’appunto, se fosse l’unica dinamica per noi possibile ...

    • Il Simbolo Universo e il Simbolo Linguaggio
    Il mondo storico e metastorico nel quale le memorie degli accadimenti materiali o spirituali si sono accatastati come in una sorta di biblioteca mnemonica universale non potrebbe avere alcuna forma di comunicazione con la nostra dimensione spazio temporale se i simboli che lo sintetizzano non formassero un ulteriore mondo, una sorta di iperspazio di comunicazione, il ponte tra le sponde.
    Questo iperspazio svolge in realtà una doppia funzione, da un lato, in base alla attuazione della potenziale decodificazione del significato, di strumento di condivisione della conoscenza universale, dall’altro, quando tale decodificazione non avviene, di conservare asetticamente quell’archivio in attesa di future e più proficue riutilizzazioni.
    Perché un ulteriore effetto della utilizzazione di un linguaggio simbolico più o meno complesso è quello della selezione dell’accesso alla conoscenza universale, selezione che consente di tenere determinati contenuti al riparo da corruzioni o pessime utilizzazioni nel concreto.
    Quindi esiste un mondo universale di conoscenza simbolica, tradotto nel nostro presente da un ulteriore mondo costituito dal linguaggio con cui tale conoscenza può essere a noi trasmessa.
    Ma la funzione del simbolo è anche quella di ricongiungere nel nostro cervello la funzione cognitiva decodificante della percezione della realtà, situata nell’emisfero sinistro, con la funzione emozionale, fondata sul riconoscimento intuitivo del contenuto tramite la memoria ancestrale somma di tutte le micromemorie individuali dei nostri atomi, tipica dell’emisfero destro del nostro cervello.
    Quando i due frammenti della realtà combaciano, le parti divise si riconpongono, il Simbolo Universo, tramite il Simbolo Linguaggio entra nella nostra realtà.
    Torna l’importanza fondamentale dell’etimo del termine simbolo, il verbo σύμβαλλο significa congiungere, in opposizione al verbo διαβaλλο che significa dividere e che genera la parola diavolo con l’effetto illuminante di tracciare a contrario una ispirazione divina per la conoscenza simbolica.
    Quasi una concezione zoroastrica del bene, congiunzione col divino, e del male, distacco e distanza del soggetto dal bene, senza una sua vera identità ed essenza.
    Carpeoro

  • Interessato74
    00 11/04/2011 00:05
    Il discorso è complesso.

    Un primo problema nasce dal rapporto fra i termini "simbolo" e "segno", che nella storia del pensiero e della letteratura non solo filosofica, sono stati mille volte ridefiniti.

    Un segno è generalmente tutto ciò che sta per altro. E' un termine più generico e al tempo stesso più tecnico, rispetto a quello di simbolo. Un simbolo è un oggetto concreto, naturale o artificiale, fisicamente presente o evocato tramite altri segni (verbali), che riveste una funzione segnica definita per una certa comunità di interpretanti. E' sempre la comunità di interpretanti che per eccellenza definisce il segno. Segno e simbolo sono pertanto realtà storicamente determinate nell'evoluzione di una societas di intepreti, e delle sue convenzioni, in sé arbitrarie.

    Altrove si è articolato il concetto di archetipo, che in qualche modo col concetto di segno potrebbe essere correlato. In effetti, si è avanzata l'ipotesi per cui un archetipo comportamentale (psicosociologico, etologico) si svilupperebbe all'interno delle relazioni interindividuali di una specie sociale. Un simile eto-archetipo (e il suo risvolto subconscio come psico-archetipo) implica lo sviluppo, nella dimensione sociale della specie, di una segnicità mimica prima, verbale poi. La riorganizzazione evolutiva delle strutture cognitive di una specie sociale porta allo sviluppo, a partire dall'eto-archetipo (psico-archetipo), di un archetipo segnico, o archetipo mitico (semio-archetipo, mito-archetipo); un ulteriore riorganizzazione delle strutture cognitive di una società tribale, il cui mondo è popolato di semio-archetipi (totem, riti, miti, tabù), porta all'archetipo paradigma o archetipo noetico (idea, noo-archetipo), episteme foucaultiana. In questo processo di autoorganizzazione, che porta al costituirsi dell'archetipo come rappresentazione (nel senso più lato) primaria, la semiosi, come segnicizzazione del mondo, sua trasformazione in semiosfera, sembra strutturarsi in una relazione di complementarietà fra segno e simbolo. La possibilità del concretarsi del simbolo sembra presupporre necessariamente la segnicità, anche se i simboli in senso generico sembrano storicamente anteriori ai segni più strutturati, quelli verbali, ordinati in reti semantiche di sèmi e sememi.



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    carpeoro
    Post: 812
    Città: MILANO
    Età: 65
    Sesso: Maschile
    00 11/04/2011 10:51
    re
    Secondo la mia teoria il rapporto tra segno e simbolo è assolutamente occasionale e strumentale.
    Se con la parola segno si intende esclusivamente il concetto grafico, legato quindi a una "scrittura", siamo certamente portati a intendere una certa preesistenza del simbolo al segno.
    Il simbolo, nella sua natura di rappresentazione dinamica degli archetipi (anch'essi nettamente distinti dai segni, nella mia interpretazione dei medesimi quali eventi primordiali fisici o metafisici), ha un collegamento col mondo e con la memoria delle origini che è assolutamente indipendente dal segno, astrattamente inteso, che ne diventa occasionale accessorio solo dopo l'introduzione della "scrittura", in senso lato, quindi a partire delle antiche incisioni preistoriche.
    Altro è il segno inteso in senso esoterico e figurativo, quelle che Jacob Bohme chiamava "signature", che altro non erano se non le forme platoniche traslate nella dimensione parascientifica di Giordano Bruno, che tuttavia altro non sono che schemi simbolici complessi.
    E' chiaro che queste sono solo le mie teorie sull'argomento e che non sono vincolanti per alcuno.
    Carpeoro
  • Interessato74
    00 11/04/2011 13:20
    Be' in effetti si dibatte. L'argomento è sfizioso.

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