00 24/03/2011 20:33
Re:
rosental70, 24/03/2011 17.44:

Grazie per l'eccellente analisi,ho compreso tutto.Sembra di assistere ad una tesi di Antropologia.Sebbene capisco la necessita'di esprimersi con un linguaggio consono,vi chiedo gentilmente se fosse possibile che anche noi comuni mortali,potessimo comprendere il significato di tali teorie,senza ricorrere al vocabolario ogni tre parole.Vi ringrazio anticipatamente.
[SM=g9423]



In pratica, dal mio punto di vista, l'archetipo è una forma aperta. All'inizio è un comportamento associato a una mimica all'interno del branco. Poi man mano che il linguaggio verbale si organizza, diventa archetipo culturale (mito, rito, legge, a livelli sempre più "esteriori"). Quando la civiltà tribale si trasforma in cultura avanzata, l'archetipo muta ancora e diventa archetipo-modello teorico, prima filosofico poi specificamente scientifico e tecnico. In questa evoluzione l'uomo finisce per trasformare di volta in volta il suo sistema di archetipi, per poi attuarli nel concreto. Più che un evento che ha lasciato un'impronta condivisa, l'archetipo è una forma originaria, dinamica. Stimolato dalle interessanti idee di Carpeoro, ho suggerito la mia (piccola) idea che l'archetipo, nella sua forma originaria, sia un modo del gruppo e della specie di strutturare le proprie relazioni interne ed esterne: l'archetipo ancestrale per eccellenza somiglia più all'amnios (membrana in osmosi) che allo specchio (limite netto fra immagine apparente e sostanza reale). A chiarire il pensiero di Carpeoro, che è assai complesso, non mi azzardo: penso che il diretto interessato lo sappia fare infinitamente meglio di me.