00 18/09/2012 12:25


E qui altra lettera diretta a Malanga.
Sta volta di Alex Torinesi (altro suo - ora - ex collaboratore).

Fonte: alextorinesi.blogspot.it/2012/09/per-amor-di-verita.html

Non avrei mai creduto né voluto considerare l’idea di scrivere una lettera come questa. Soprattutto non avrei mai creduto né voluto immaginare di dover puntualizzare con fermezza a delle cose false e fuorvianti dette da chi ho sempre considerato un maestro e un amico per così tanti anni.
L’amico ha smesso di essere tale quando ho compreso che l’amicizia a senso unico non ha alcun motivo di esistere, il maestro resta tale per le cose che mi ha insegnato ma non per quelle che, a torto o a ragione, ha ritenuto di dovermi portare a condividere negli ultimi tempi.
Leonard Sersani nella sua lettera aperta a Corrado Malanga ha già chiarito alcuni aspetti importanti che non posso non condividere, ora sento la necessità di dare qualche chiarimento agli oltre 200 addotti con il quale ho avuto l’onore di collaborare fino a maggio 2011, data in cui mi sono ritirato definitivamente dalla scena attiva. Glielo devo perché non desidero affatto che siano lasciati coni d’ombra sul mio operato e sulla mia persona e non desidero affatto che venga minata alla base la fiducia che costoro hanno riposto in me quando decisero di intraprendere un percorso che solo per una piccolissima parte si è affrontato insieme.
A loro e al rispetto che gli è dovuto devo dare una possibilità in più per conoscere la realtà dei fatti o quantomeno qualcosa che si approssimi il più possibile alla realtà dei fatti.
Purtroppo ho compreso (tardi) che quando qualcuno ti dice che non servono gli ufologi ma solo persone intelligenti e tu cerchi o vuoi far parte di quell’ambito, in realtà ti sta fregando. Le persone intelligenti hanno un imperdonabile difetto: possono pensare. E pensare può significare porsi delle domande, dei dubbi (che per altro sono la vera essenza della conoscenza e della saggezza) che vanno al di là di granitiche certezze mai messe in discussione; pensare può significare sentire il desiderio di voltarsi indietro e riguardare il cammino intrapreso perché ci si accorge che qualcosa non torna o che, più semplicemente, può essere corretto e migliorato. Allora credi che con il tuo contributo si possa essere utili a qualcosa e non a qualcuno. Errore!
Errore perché Malanga ha sempre visto il confronto come un tentativo finalizzato a disturbare il manovratore, quando invece è solo un’opportunità in più per crescere insieme. E se non ti adegui a questa apologia del pensiero unico sei un colluso, un parassitato o un semplice skizofrenico.
Alla fine non si è mai utili a qualcosa ma sempre a qualcuno. Questa è la lezione che ahimè ho dovuto imparare.
Io sono uno di quella famigerata banda Bassotti “a cui avevo fornito degli strumenti per esser qualcosa” (cit. “gliOcchiDellaCoscienza.pdf di Corrado Malanga) che adesso è accusata di ogni nefandezza, non ultima quella di essere stati i neoaddutori degli addotti; una sorta di “stupratori mentali” ultimi solo nella scala cronologica e gerarchica che i poveri addotti dovevano subire nella loro esistenza (cit. sempre dallo stesso articolo).
Innanzitutto devo dire che l’essere qualcosa (meglio, qualcuno) nella mia vita non mi deriva da Corrado Malanga ma da quello che faccio e ho fatto nel corso della mia ultraquarantennale esistenza, prima come persona, poi come ricercatore e da diversi anni a questa parte come imprenditore. Se c’è una cosa che proprio non ricerco è l’applauso del pubblico pagante o una forma di riconoscimento inconscio. La mia vita è fin troppo piena di cose meravigliose e appaganti che altro non mi serve.
Come dicevo ho lavorato negli anni su circa 200 addotti. A tutte queste persone ho cercato di dare un piccolo contributo nell’ambito dei miei limiti e delle mie possibilità, senza ritenermi un deus ex machina o un illuminato sulla via di Damasco, piuttosto lavorando nell’ombra il più lontano possibile dai riflettori della ribalta. Dopo 20 anni nei quali ho fatto l’ufologo, sentivo la necessità di capire di più di un fenomeno che da tempo avevo compreso andasse al di là di quello che sterilmente gli ufologi andavano cianciando da decenni.
Con queste circa 200 persone ho sempre interagito “de visu”, dal vivo quindi, organizzando incontri a casa mia, mettendoci nome, cognome, faccia e pure la possibilità di sputarmi in un occhio se lo avessero ritenuto necessario. Solo in pochissimi casi mi sono ritrovato ad operare “a distanza”, preferendo, per mia attitudine, lavorare direttamente con il contatto umano.
Se avessi in qualche modo dato il mio contributo a questo “stupro mentale di massa” credo che sarei stato demolito in 4 secondi, magari denunciato e che quantomeno un segnale di inaffidabilità sarebbe arrivato alle orecchie di Malanga e degli altri membri del gruppo di collaboratori. Così però non è stato. Basterebbe chiedere a queste 200 persone il loro parere, com’è il loro stato attuale di “salute”, quali impressioni hanno ricavato nel conoscermi e incontrarmi. Ecco, basterebbe questo per togliere ogni dubbio. Ma si preferisce sparare nel mucchio, tanto, non facendo nomi, qualcuno comunque lo colpisci.
Se questa cosa non facesse vomitare ci sarebbe da ridere a crepapelle.
Quando ad aprile 2011 annunciai ufficialmente il mio ritiro dalle scene, decisione diventata poi operativa il mese successivo, avevo dovuto fare i conti con 3 aspetti fondamentali del problema: il principale legato al carico di lavoro che cresceva a dismisura e che diventava incompatibile con la mia vita e la mia attività lavorativa; il secondo legato all’utilità di ciò che stavo facendo; il terzo legato ad alcuni presupposti su cui si basava tutta l’attività e che non riuscivo ad accettare compiutamente.
Permettetemi di soffermarmi su questi ultimi aspetti.
Innanzitutto l’utilità.
Quello che stavamo facendo come gruppo era del tutto inutile. Questa cosa l’ho detta più volte, anche in radio. Perché inutile? Perché su scala planetaria era come svuotare l’Oceano Atlantico con un cucchiaino da caffè.
Ma davvero qualcuno ha creduto che un gruppetto di volenterosi ragazzotti italiani di buone speranze avrebbe potuto risolvere il problema di 6 miliardi di persone? Davvero qualcuno ha creduto che risolvendo il problema di 1000, 2000, 10000 italiani si sarebbero risolti i problemi dei restanti 6 miliardi (per altro destinati a diventare 10 entro il 2050)? Ah si… la presa di coscienza si dirà… quella avrebbe risolto il dramma delle abductions.
Bella cosa ma statisticamente inutile. I numeri ahimè sono impietosi.
La gente ha preso coscienza da decenni che fumare fa male eppure si continua a morire di cancro al polmone, la gente ha preso coscienza da decenni, soprattutto dopo un secolo tormentato come il ‘900, che le guerre sono stupide e abominevoli eppure la guerre continuano a farsi.
Si dirà…”meglio salvarne uno che nessuno”. Vero, verissimo. Questa alla fine era l’unica motivazione che mi faceva proseguire l’attività, oltre alla consapevolezza che Malanga avesse bisogno di una mano. In un certo senso glielo dovevo.
Ci siamo conosciuti nel 1998, eravamo entrambi membri del Centro Ufologico Nazionale. In quegli anni vivemmo assieme la diaspora dal CUN e seppur con motivazioni diverse, capimmo che da là dovevamo andarcene, che non era più opportuno restare “in paradiso a dispetto dei santi”. Ci tenemmo sempre a stretto contatto, vedendoci raramente in occasione di qualche convegno ma tenendo vivo il rapporto e il motivo che ci aveva fatto incontrare.
Ci accomunò anche un’altra parte del percorso: entrambi collaborammo ancor più strettamente con Baiata contribuendo alla preparazione della enciclopedia multimediale che all’epoca stava curando e alla riuscita delle riviste che in quel periodo dirigeva. Scrivemmo articoli insieme (ricordo quella sulla Combustione Umana Spontanea ad esempio), gli fornii le foto di un grigio che mi diede un addotto che seguii nel lontano 2004 quando ancora si sapeva davvero pochino su questo fenomeno; mi supportò molto quando ebbi necessità a mia volta di aiutare una persona allora a me cara coinvolta nel problema; siamo arrivati a operare ancora più strettamente con la creazione di questo gruppo di lavoro che negli ultimi anni ha cercato di dare un contributo fattivo alla causa. Mi sono trovato ripetutamente e convintamente a difenderlo quando arrivavano attacchi sconclusionati e in malafede da destra e sinistra (il web è testimone di quanto dico). Insomma, i presupposti per ritenere anche d’amicizia il nostro rapporto c’erano tutti. Almeno da parte mia.
Il terzo motivo, dicevo, per cui mi ritirai in punta di piedi dalle scene, fu il non riconoscere più tutto quello che Malanga sosteneva. Quando operai con gli addotti mi ritrovai più volte ad applicare cose che non comprendevo fino in fondo e che condividevo solo in parte. Lo facevo essenzialmente perché ritenevo di essere io nel torto. Credevo sinceramente che Malanga non potesse sbagliare (questo anche grazie alla stima enorme che ho sempre provato nei suoi riguardi) e perché tutto sommato i risultati arrivavano. Ed essendo io uno sperimentale non potevo ignorare ciò che arrivava “dal campo”. Ma c’era sempre qualcosa dentro di me che diceva che le cose non erano tutte così o non erano solo così. Ho evitato di approfondire le mie perplessità tenendomele per me perché, in un mondo essenzialmente pettegolo e velenoso come quello che gravita attorno al tema UFO, avrebbero solo aumentato il rumore di fondo e danneggiato qualcuno che in fondo non volevo, anche indirettamente, danneggiare. Meglio uscire silenziosamente di scena per me.
Ho quindi capito che la ricerca vera, quella fatta con metodo, con serietà, con dovizia di riscontri, era finita 5 anni prima, con Alien Cicatrix. Il ricercatore eretico, e per questo avanti anni luce rispetto agli accademici, aveva abdicato completamente a ciò che lo aveva portato fino ad allora a raggiungere quei risultati. Quando al Malanga extraterrestrialista, ufologo, uomo di scienza si è sostituito il Malanga dei parassiti, dei fantasmi, delle possessioni, dei demoni, del culto dell’anima, del culto della coscienza, delle pallette, del paranormale, dei creatori e altre cose del genere ho compreso che la ricerca vera era finita, morta! Si stava sostituendo la nuova scienza così tanto teorizzata e voluta anni prima, con una sorta di metafisica che poi, piaccia o no, ha dato vita a una chiesa, a un nuovo culto, con tanto di culto della personalità al punto che sono nati i fan club (sic!) come si fa per una Britney Spears qualunque. La ricerca fatta e divulgata con metodo e coerenza veniva relegata a facebook. A facebook, vi rendete conto? In un mondo normale di questi argomenti si dovrebbero occupare scienziati, filosofi, liberi pensatori, intellettuali e invece… e invece se ne disquisiva su facebook tra profili anonimi e quindicenni da strapazzo che cercavano un nuovo idolo da osannare.
Corrado, il ricercatore che stimavo stava diventando, forse suo malgrado, una faccia su una T-shirt!
E questo mi era inaccettabile.
Nessuno l’ha estromesso dal gruppo (cronologicamente non ero già da tempo più parte del gruppo) perché tecnicamente nessuno poteva estrometterlo da qualcosa che di fatto non esisteva perché, di fatto, non era mai esistito. Eravamo “solo” un insieme di persone coagulate attorno alla sua figura che si scambiavano informazioni e condividevano esperienze dando una mano a Malanga con gli addotti su base geografica e territoriale. Nulla di più.
Quando c’è stata poi la necessità di prendere posizione su un collaboratore del gruppo la cui condotta stava minando la credibilità e affidabilità di tutti noi, anziché allontanare questa persona, Malanga ha pensato bene di sciogliere il gruppo (o non gruppo che si voglia) mandando tutto a rotoli. È come se per colpa di un poliziotto corrotto il Presidente della Repubblica sciogliesse tutta la Polizia! Mi pare grottesco!
La “ricerca”, dicevo, stava prendendo una piega lontana anni luce dalla mia forma mentis, dal mio percorso, dalla mia visione delle cose. Una piega che è sfociata negli ultimi tempi a creare una sorta di “tecnoinduismo” nel quale si è mischiato Brahma con un’improbabile fisica con l’intento di far tornare sempre tutto perché è la realtà che doveva piegarsi alla teoria e non viceversa. Così le esternazioni o i sogni di un addotto diventavano verità indubitabili sulle quali edificare imbarazzanti “realtà oggettive” con finte connotazioni scientifiche che spiegavano sempre tutto. Naturalmente a doppio senso, anche quando si teorizzava che Malanga fosse colluso con i militari perché l’addotto di turno lo sognava in loro compagnia (un altro mare di sciocchezze).
Prima una cosa era vera perché lo diceva l’anima, poi perché lo diceva un sogno, infine perché lo diceva la coscienza dell’addotto; non perché fosse oggettivamente vera o quantomeno riscontrabile sperimentalmente su più soggetti non polarizzati (ossia “non inquinati” dalla libera circolazione delle informazioni).
Questo è lo stesso “primato del metodo” che ho visto applicare sugli addotti: era l’addotto a doversi adattare alla tecnica e non viceversa perché la tecnica non sbaglia mai. Così se l’addotto non si liberava o non rientrava completamente nei canoni dell’addotto classico era lui stesso il problema o la sua non volontà di liberarsi, non certo l’inefficacia o il limite di adattabilità della tecnica stessa.
L’uomo però non è un’equazione da risolvere. L’uomo è un diamante con infinite sfaccettature, infinite sfumature. Ognuno di noi è un esemplare unico e irripetibile. Se esistessero metodi infallibili per risolvere i problemi delle persone le scienze cognitive li avrebbero già scoperti e applicati come si applicano i dettami di un manuale tecnico. Basta leggerlo e applicarlo e il gioco è fatto.
Mi trovavo tremendamente a disagio quando sentivo dire che bastava chiedere al soggetto di immaginare 3 lucette colorate che si accendevano in sequenza per “diagnosticare” con assoluta sicurezza un’abductions (il TCT è stato usato anche per questo). In pratica così facendo si sarebbe saputo se un bestione alto 2m e 40cm che percorre anni luce nel cosmo è effettivamente entrato nella tua vita o meno.
Io invece credo che diagnosticare un’abductions sia una delle cose più articolate, delicate e difficili di tutto il lavoro. Non basta un test. Anche per questo gli addotti volevo incontrarli, guardarli negli occhi, averli di fronte a me e non dietro uno schermo. Solo così pensavo di poter essere in grado di dare loro una risposta con il minor margine d’errore possibile per il semplice fatto che ho sempre ritenuto meglio sbagliare e ritenere un addotto vero non tale piuttosto che scaricare questo macigno tremendo a un non addotto facendogli pensare che invece lo fosse. Con tutte le conseguenze che questo avrebbe implicato.
Tale atteggiamento ha favorito in me una successiva analisi su quanto fatto in precedenza. I metodi funzionavano, non ci sono dubbi ma forse funzionavano perché basati su presupposti diversi da quelli che si asseriva. Il tempo e la lontananza dall’azione sul campo, mi hanno consentito di mettere a fuoco i dati e le informazioni raccolte integrandole con il pensiero di altri liberi pensatori provenienti da percorsi differenti sui quali cominciavo a informarmi. Il tempo mi ha permesso quindi di riflettere su alcune cose e portare a parziale compimento il mio personalissimo percorso. E così è nato l’articolo pubblicato su Ufomachine dal titolo “Alien Agenda 2.0”, diventato poi la lapide che ha sancito (tra le righe, perché il mio nome non viene chiaramente citato) il mio ritenere gli alieni buoni.
È stato detto che poiché ho ipotizzato (e sottolineo ipotizzato) che gli alieni potrebbero essere immortali e volere la nostra anima per lo scopo opposto a quello che si è teorizzato finora, allora secondo me gli alieni sarebbero buoni. A parte i contorsionismi logici e sequenziali di un tale sillogismo "de noantri" che farebbero rivoltare nella tomba Aristotele, Russell e Leibniz, devo dire che chi ha letto con onestà intellettuale quel lavoro sa che ho asserito esattamente il contrario.
Non solo!
Una cosa del genere, oltre a non essere scritta, non l'ho neppure mai pensata! È questa la cosa curiosa.
Evidentemente Malanga che ora sostiene di poter leggere nel pensiero, non ha letto bene il pensiero dell’autore di quel lavoro, ossia del sottoscritto.
Per far capire a chi legge cosa intendo devo fare un piccolo passo indietro e un minimo di cronistoria, altrimenti non si fa la necessaria chiarezza.
Quell'articolo è il tentativo, magari goffo, magari incompleto ma intellettualmente onesto, di fornire una diversa chiave di lettura a un fenomeno molto più complesso di quello che è stato descritto. Inizialmente la mia idea era di riportare un pochino di “scienza” (in senso lato ovviamente) a un’attività che di scientifico non aveva più un fico secco. In che modo? Nell’unico modo possibile: applicando il concetto popperiano di falsificabilità alla teoria malanghiana.
Popper dice che una teoria è scientifica (attenzione… scientifica, non vera) se è falsificabile, altrimenti è un dogma. Così ho ipotizzato un diverso scenario che alla fine arrivava a confermare in gran parte (per lo meno nei punti chiave) quanto sostenuto da Malanga. Quindi, dal mio punto di vista, la teoria era scientifica.
In gran parte ma non in tutto.
Tralascio ora gli aspetti tecnici e specifici di quel lavoro perché non è lo scopo di questo scritto ripercorrere cose già dette e spiegate anche in una trasmissione di Ufocast dedicata all’argomento. Mi soffermo solo su una questione che opportunisticamente è stata strumentalizzata, distorta e usata per i propri fini.
Chi mi conosce e chi ha letto i miei lavori pubblicati su riviste e su diversi siti web conosce bene la mia posizione, netta e inequivocabile, in merito alla questione positività-negatività della azioni aliene sulla Terra. È inutile che la ribadisca non solo perché non è cambiato nulla ma perché semmai si è rafforzata.
Le parole poi sono importanti, non possono essere ignorate ad usum delphini per lo scopo che si vuole raggiungere.
Il sillogismo “gli alieni sono immortali quindi sono buoni e ci vogliono tanto bene” è tecnicamente un nonsense linguistico, formale e logico oltre a una panzana galattica. Soprattutto se a sostenerlo è chi ha affermato che non vi è differenza alcuna tra bene e male (?).
Non c’è alcuna consecutio temporum o consecutio logica tra le due affermazioni, la premessa, gli alieni sono immortali, (cosa per altro che non ho mai detto sostenendo invece che gli alieni POTREBBERO essere immortali) e la conclusione (quindi ci vogliono bene). Se i metodi e gli schemi di ragionamento sono questi allora siamo lontani anni luce dalla possibilità di comprendere ogni barlume di verità.
A completamento poi devo aggiungere un’ultima cosa. Quel lavoro è stato scritto a dicembre 2011. Prima di pubblicarlo ho voluto fortemente che l’articolo venisse letto da Corrado. I motivi essenzialmente erano 3. Il primo perché la stima e il rispetto nei suoi confronti mi imponevano di farlo; il secondo perché sostenevo delle cose che io per primo sentivo di dover approfondire e il confronto era l’unico modo per farlo; il terzo perché volevo pubblicarlo su Ufomachine, sito di Corrado Malanga e non del sottoscritto. Come ho sempre fatto in precedenza quindi ho ritenuto, per una mera questione di correttezza, inviare prima l’articolo a Malanga consentendogli di leggerlo e poi discuterne successivamente avendo in questo modo un disco verde o un disco rosso alla pubblicazione sul SUO sito. Mi sembra la minima regola di correttezza professionale da applicare con chiunque.
Fu così che inviai a Corrado quel lavoro, lui lo stampò, se lo fece leggere e poi ne discutemmo personalmente in una chiacchierata di 4 ore su skype. Ci confrontammo e fu una chiacchierata dal mio punto di vista piacevole e costruttiva nonostante le differenze anche sostanziali, su diverse questioni. Gli chiesi alla fine se secondo lui quel lavoro poteva essere pubblicato su Ufomachine e la risposta fu un si deciso e privo di condizioni. Solo successivamente venni a sapere che riteneva improponibile che un lavoro divergente dal suo pensiero potesse essere pubblicato sul suo sito, soprattutto perché avrei sostenuto che “gli alieni sono buoni e ci vogliono tanto bene”.
Mi chiedo soltanto… perché non dirmelo prima e a quattrocchi? Non avrei certo pubblicato su UM un lavoro non voluto, questo mi pare fin troppo evidente da spiegare.
E così allora tutto questo è diventato il pretesto per additarmi (senza nominarmi direttamente) come colui che nel gruppo pensava che forse, tutto sommato, non bisognasse combattere gli alieni perché sono buoni.
Non credo sia necessario aggiungere altro a questa corbelleria.
Concludo la mia lunga riflessione con una chiosa finale. Dopo le cose che sono state scritte dovevo un chiarimento a coloro con cui ho lavorato e a coloro che hanno letto negli anni i lavori che ho ritenuto potessero avere un minimo di utilità pubblica, se non altro per stimolare dei dibattiti costruttivi. Il sentimento di rispetto e correttezza nei confronti dei 200 addotti e di qualche migliaio di lettori che mi hanno seguito negli anni in cui mi occupavo di un argomento così spinoso come quello delle abductions, mi ha obbligato a tutelare me, la mia immagine e in fondo loro stessi dicendo le cose che qui ho scritto e che devono concorrere a conoscere la verità perché solo la verità e la sua ricerca sono state le cose che mi hanno sempre mosso.
Tutto il resto è accademia figlia di una visione misantropica della vita e impregnata di un senso di disadattamento cosmico e iconoclasta che non mi appartiene. Io mi sono sempre mosso con onestà e chiarezza.
Dopotutto il mio desiderio era essere utile a qualcosa e non a qualcuno.
Chissà se ora sarà più chiaro!