Sfere di luce: La scienza discutibile dei cerchi nel grano

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marco facci
00venerdì 19 settembre 2008 16:03
di Francesco Grassi, Claudio Cocheo, Paolo Russo (Versione italiana: Ottobre 2005)
La storia ufficiale delle misteriose impronte circolari che compaiono periodicamente nelle coltivazioni cominciò nel 1980 quando l'attenzione del dottor Terence Meaden fu attirata da una formazione apparsa in un campo di avena vicino a Bratton (Inghilterra), ai piedi dei ripidi pendii erbosi dove è disegnato il famoso Cavallo Bianco di Westbury.

Questi "primi" cerchi furono chiamati "cerchi misteriosi" o semplicemente "anelli", ma a partire circa dal 1988 vennero indicati in tutto il mondo con il termine "cerchi nel grano" (crop circles, alla lettera "cerchi nelle coltivazioni"). I cerchi nel grano consistono in regioni geometriche all'interno delle coltivazioni, in cui le piante (soprattutto cereali) sono appiattite in posizione orizzontale.

Nel corso degli anni i cerchi nel grano guadagnarono sempre più l'attenzione dei mass media, evolvendo da semplici strutture circolari a figure sempre più complesse, e il loro numero crebbe da alcune dozzine agli inizi della loro apparizione documentata, a centinaia solo pochi anni dopo. Negli anni Ottanta e Novanta, ad esempio, il numero di cerchi apparsi in Gran Bretagna aumentò rapidamente da una manciata per anno nei primi anni Ottanta a dozzine a fine del decennio e a centinaia già nel 1991.

Nel corso degli anni in molti ammisero di aver creato personalmente dei cerchi ma, nonostante queste confessioni, i "credenti" continuarono a rifiutare l'idea del coinvolgimento umano come sola spiegazione dell'origine del fenomeno. Proliferarono così numerose teorie alternative nel tentativo di spiegare le possibili cause non-umane della creazione dei cerchi. La maggior parte delle affermazioni fu costituita nient'altro che da semplici ipotesi le quali non guadagnarono una credibilità sufficiente a superare l'esame di riviste scientifiche referate.

Solo tre studi ottennero la pubblicazione su una rivista scientifica: il primo a firma di W.C. Levengood (1994), il secondo di W.C. Levengood e N.P. Talbott (1999) e l'ultimo di E.H. Haselhoff (2001). Tutti e tre gli articoli suggerivano il coinvolgimento di una qualche forma di radiazione elettromagnetica nella creazione dei cerchi. Tuttavia nessuno dei tre forniva una lista di condizioni sufficienti (o perlomeno necessarie) per stabilire senza dubbio se una data formazione fosse o meno opera dell'uomo.

Levengood (1994) affermò di aver trovato nelle formazioni delle alterazioni anatomiche (le cosiddette "anomalie") che non potevano essere spiegate assumendo un'origine antropica dei cerchi. Tra le altre anomalie, che non discutiamo in questo articolo, egli osservò una presunta espansione anomala dei nodi degli steli delle piante che si trovavano all'interno dei cerchi rispetto a quelle poste all'esterno (si tratta del cosiddetto a-test, cioè del rapporto fra la lunghezza dello stelo e del nodo). Levengood concluse che queste alterazioni erano probabilmente causate da un effetto termomeccanico dovuto all'espansione delle pareti cellulari, direttamente legato a un assorbimento di energia elettromagnetica. Nel corso di un esperimento condotto nel Maryland nel 1997, Levengood e Talbott (1999) realizzarono essi stessi un cerchio, giungendo alla conclusione che la risposta gravitropica non superava il 10% a tre giorni dalla creazione del cerchio; troppo poco, secondo loro, per spiegare gli allungamenti osservati nelle presunte formazioni "genuine". Discuteremo in seguito questa affermazione.

Nel 1999 Levengood e Talbott pubblicarono i risultati di un campionamento eseguito su tre semplici formazioni circolari apparse a Devizes (Inghilterra, 1993), Chehalis (Washington, USA, 1994) e nel Sussex (Inghilterra, 1994). Riportarono inoltre un quarto caso in cui analizzarono una formazione più complessa, a forma di spirale, che comparve in un campo di orzo a Beckhampton (Inghilterra) nel 1995.

È importante sottolineare come due dei tre cerchi apparvero in zone in cui vivevano e operavano da almeno un decennio numerosi circlemakers. La formazione di Devizes comparve in un'area vicina a Beckhampton, Wiltshire, e vicina a Bratton dove nel 1990 apparve il più famoso falso crop circle ("Operazione Blackbird"), dove nel 1983 fu creato uno dei primi falsi con la sponsorizzazione di alcuni quotidiani nazionali, dove ha vissuto e operato, dal 1990 al 1991, uno dei principali gruppi di circlemakers noto come "United Bureau of Investigation" e dove nei primi anni Novanta i Wessex Skeptics crearono appositamente delle formazioni per mettere alla prova i ricercatori dei cerchi nel grano. La formazione del Sussex apparve in una zona in cui la diffusione di "falsi" cerchi nei raccolti era meno evidente rispetto a Beckhampton, ma dove vivevano numerosi potenziali circlemakers. I campioni furono raccolti in un'area in cui, come anche i ricercatori sui cerchi nel grano più inclini all'ipotesi paranormale dovettero in seguito ammettere, la diffusione di hoax era elevata. Questi campioni inoltre erano stati raccolti vicino alle due regioni in cui Doug Bower e Dave Chorley avevano probabilmente iniziato a creare cerchi nel grano già dagli anni Ottanta (South Wiltshire, Alfriston, East Sussex). Entrambe le zone sembrano aver attratto numerosi emuli degli originali cerchi di Doug e Dave.

Levengood e Talbott raccolsero, per ogni posizione di misura, gruppi di 10-15 piante a distanze crescenti dal centro del cerchio e, per ciascun gruppo, calcolarono il valor medio della lunghezza dei nodi. Confrontando in grafico il logaritmo delle lunghezze medie di gruppo dei nodi con la distanza dal centro, essi individuarono una relazione lineare fra le due variabili. Quindi, la lunghezza dei nodi sembrava decrescere con legge esponenziale negativa, dal centro delle aree appiattite verso i bordi.

Gli autori suggerirono che questo andamento si accordava con un assorbimento di energia elettromagnetica dovuto a un fronte d'onda piano incidente sulle piante dopo essersi propagato in aria seguendo la legge di Beer-Lambert.

Essi descrissero la relazione fra la lunghezza dei nodi e l'intensità della radiazione incidente come:

NL = b(I/I0) = b(e-acd)

dove NL è la lunghezza dei nodi, b una costante di proporzionalità, I l'intensità della radiazione alla distanza d dalla sorgente, I0 l'intensità della radiazione alla sorgente, a il coefficiente di assorbimento dell'aria e c la concentrazione delle molecole assorbenti.

Due anni dopo Haselhoff commentò l'articolo, mettendo in evidenza, in particolare, due errori: la lunghezza dei nodi degli steli normali era stata assunta uguale a zero e non si era tenuto conto della dispersione dell'energia all'aumentare della distanza. Egli pertanto suggerì di correggere il primo errore sottraendo un termine N0, che rappresenta la lunghezza media dei nodi delle piante esterne alle formazioni ("controlli") non affette quindi dal presunto irraggiamento. In tal modo egli accettava implicitamente sia la discutibile strategia di campionamento degli esperimenti di Levengood e Talbott, sia l'ipotesi termomeccanica come spiegazione per l'allungamento dei nodi.

L'articolo di Haselhoff si focalizzava su un nuovo modello di propagazione della presunta radiazione elettromagnetica che sarebbe stata coinvolta a suo parere nella creazione dei cerchi. Analizzando i dati raccolti nei primi tre cerchi sopra menzionati, Haselhoff identificò un andamento quadratico inverso nell'allungamento dei nodi all'aumentare della distanza radiale. Propose quindi un modello basato su una sorgente di radiazione puntiforme, definendola come una "Sfera di Luce" (Ball of Light - BOL) che irraggiasse la coltura sottostante.

Per dare maggior consistenza alla sua ipotesi Haselhoff riportò, come controprova, i risultati di uno studio condotto su una formazione di sicura origine umana, comparsa a Nieuwerkerk nel 1997, nella quale lo stesso andamento quadratico non sembrava evidente
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L'ipotesi BOL consiste in un modello che descrive la diminuzione, con il crescere della distanza, dell'intensità di un fronte d'onda sferico di radiazione elettromagnetica originato da una sorgente puntiforme posta ad un'altezza finita h sopra il campo (fig. 1).

Sebbene non esplicitamente indicata nel testo dell'articolo di Haselhoff, l'equazione del modello può essere dedotta da semplici considerazioni fisiche, assumendo una decrescita 1/r2 dell'intensità della radiazione moltiplicato per una costante di proporzionalità, secondo la relazione:

NL - N0 = b/r2
dove b è la costante di proporzionalità e r2 = d2 + h2, dove d è la distanza proiettata al suolo del punto dal centro del cerchio e h l'altezza dell'ipotetica sorgente dal centro del cerchio. Per ogni formazione il parametro h fu ottimizzato per regredire al meglio i dati secondo l'andamento 1/r2. Riscalando l'asse delle x secondo 1/r2 e scegliendo NL-N0 come ordinate, se l'ipotesi BOL fosse corretta ci si dovrebbe attendere un elevato valore del coefficiente di correlazione R2.


Discussione

Sia per i sensazionali contenuti scientifici, sia per lo straordinario impatto esercitato sulla pubblica opinione, sembra necessaria un'analisi più dettagliata sul trattamento dei dati e sull'analisi statistica, in base alla regola che affermazioni straordinarie richiedono prove altrettanto straordinarie.

Prima di iniziare la trattazione riteniamo importante evidenziare come i tre articoli sopra menzionati siano di fatto considerati il "punto di riferimento scientifico" per la comunità delle persone interessate al fenomeno dei crop circles. Physiologia Plantarum Journal giocò un ruolo cruciale, pubblicando tutti e tre gli articoli e fornendo agli autori supporto e credibilità scientifica. Inoltre, il nostro articolo fu dapprincipio sottoposto a Physiologia Plantarum Journal e l'editore si dichiarò d'accordo con i nostri commenti sulla pseudoscientificità dei contenuti dei tre articoli (Physiologia Plantarum Journal, comunicazione agli autori, 2004), ma rifiutò la pubblicazione del nostro articolo con la sorprendente motivazione secondo la quale "non c'è alcun dibattito scientifico in atto su questo argomento".

La nostra prima critica all'articolo di Haselhoff riguarda la strategia di campionamento e l'approccio statistico. Sia il numero di formazioni esaminate, sia il numero di dati raccolti all'interno e all'esterno di ciascuna di esse sono inadeguati per eseguire un'analisi statistica attendibile .

È significativo osservare (vedi Tab.1) come, nel suo articolo del 2001 su Physiologia Plantarum, non sia riportato il numero di campioni raccolti nei vari siti. Omissione piuttosto sorprendente, considerato che la maggior parte delle pubblicazioni scientifiche indica la dimensione della popolazione campionata, in modo da poter dimostrare che le conclusioni statistiche a cui giungono non si fondano su un insieme di pochi dati. Questa è una considerazione importante, perché l'articolo di Haselhoff su Physiologia Plantarum del 2001 sostiene chiaramente che il fenomeno che essi dichiarano di aver scoperto si applica a molti cerchi, non a pochi. Nel caso della formazione di Chehalis, per esempio, i campioni sono stati raccolti solo in tre posizioni e non stupisce che un modello a due parametri possa fornire una regressione apparentemente buona per tre punti, sebbene ciò non indichi una relazione causa-effetto.

Devizes Chehalis Sussex
d (m) Nl (mm) d (m) Nl (mm) d (m) Nl (mm)
0.303 6.0 1.110 4.1c 0.315 4.6c
1.510 4.4 1.825 3.7 1.558 3.5
1.529 5.5 4.543 3.5 4.476 3.3
2.812 4.4 9.109 3.3 4.830 3.4
2.897 4.3 12.224 2.8e
3.300 3.3e 19.775 2.4e
controllo 3.2 controllo 2.9 controllo 2.4
Tabella 1. Dati sperimentali per le formazioni di Devizes, Chehalis e Sussex. d è la distanza della posizione di misura da centro del cerchio; Nl è la lunghezza media dei nodi; l'apice c indica dati appartenenti ai ciuffi centrali; l'apice e indica dati raccolti all'esterno delle formazioni.

La BOL è un modello di regressione a due parametri: l'altezza h dal suolo e la costante di proporzionalità b. Il parametro b non è così insignificante da meritare di essere superficialmente trascurato, come è stato fatto nell'articolo di Haselhoff, ma dovrebbe giocare un ruolo cruciale nel processo fisico sottostante. In realtà il parametro b contiene tutte le informazioni non geometriche del fenomeno. Piuttosto che una costante esso rappresenta, in effetti, un insieme di più variabili. Esso descrive tutte le proprietà fisiche del fenomeno come, per esempio, la durata dell'irraggiamento, l'intervallo spettrale della radiazione emessa, l'intensità della sorgente, l'assorbimento dell'aria, il contenuto di umidità delle piante e del suolo circostante, le proprietà assorbenti e riflettenti delle piante e del suolo e così via.

Per le formazioni di Devizes e Chehalis, entrambe all'interno di coltivazioni di frumento, abbiamo trovato rispettivamente b=10,3 e b=68,9; si tratta di valori ben diversi. Haselhoff non solo ha omesso di spiegare il significato dei parametri e la ragione delle loro differenze, ma ne ha omesso anche la pubblicazione dei valori. In particolare, solo l'altezza h della BOL dal suolo è riportata nella tabella 1 dell'articolo di Haselhoff. Ne segue che il modello sembra possedere un solo parametro, l'altezza h, fornendo dei risultati sorprendentemente buoni per un modello a un solo parametro.

Un altro aspetto criticabile riguarda la mancanza di un protocollo standardizzato per stabilire quali misure includere nel gruppo di controllo. Alcune piante rimaste erette molto lontano dalle formazioni furono definite come "controlli" e considerate come piante indisturbate; i loro valori medi e le deviazioni standard furono calcolate in modo da permettere il paragone tra piante affette e piante non affette. Le piante appiattite all'interno dei cerchi furono considerate "affette" (cioè non-controlli). In realtà, anche alcune piante erette, raccolte all'esterno dei cerchi, furono considerate "affette" e non classificate nel gruppo di controllo: due campioni nella formazione del Sussex furono raccolti a 6 e 14 metri dal limite esterno del cerchio e un campione a Devizes fu raccolto 30 centimetri oltre il bordo della formazione (figure 2a e 2c). Nessuna giustificazione relativamente a questa decisione è stata addotta nell'articolo. Nessuna distanza limite per l'inclusione o meno dei campioni nei gruppi di controllo è menzionata. Dobbiamo supporre che gli autori abbiano deciso di assegnare queste piante al gruppo delle "affette" piuttosto che a quello dei controlli dopo aver osservato che i loro allungamenti erano maggiori di quelli delle piante definite "controllo". Questa è una procedura che può generare artefatti.

Ci potrebbero essere delle ragioni per includere alcune piante rimaste erette all'esterno dei cerchi nel gruppo delle piante "affette", dato che gli autori sembrano indagare su effetti che potrebbero non essere strettamente limitati all'area del raccolto abbattuto al suolo. Tuttavia, se nessun criterio oggettivo viene stabilito chiaramente e a priori, ogni analisi successiva diventa discutibile, perché la deviazione standard dei controlli può essere sottostimata, rendendo i valori degli allungamenti dei nodi delle piante "affette" apparentemente più anomali di quanto essi siano.

Inoltre, se il bordo del cerchio non è assunto come criterio discriminante, diventa più complicato assicurarsi che gli effetti che si stanno investigando siano realmente provocati dal fenomeno che ha generato il cerchio, piuttosto che da altre cause concorrenti. Questo è particolarmente rilevante se si considera che, a causa dello scarso numero di campioni raccolti, l'analisi manca di risoluzione spaziale e che le piante di controllo sono state raccolte solo a grandi distanze dal bordo dei cerchi, dove le condizioni ambientali potrebbero essere state un po' diverse. Nessun test statistico per confrontare le medie e le varianze dei campioni presi all'interno e all'esterno delle formazioni è stato applicato. Qualsiasi conclusione fondata sul paragone fra campioni raccolti all'interno dei cerchi e quelli provenienti dal resto del raccolto non è, quindi, supportata da un'analisi statistica robusta.

La figura 2 mostra le misure effettuate nelle tre formazioni di Devizes (a), Chehalis (b) e Sussex (c). I raggi dei tre cerchi furono rispettivamente di 3, 6 e 9 metri e tutte le piante rimaste erette all'esterno avrebbero dovuto essere considerate come campioni di controllo, a meno che non venisse dichiarato un diverso criterio.
Ciò nonostante, il primo punto a destra nel grafico di Devizes e i primi due in quello del Sussex furono inclusi nel modello di regressione sia da Levengood e Talbott che da Haselhoff, nonostante la loro reale natura di controlli. Particolarmente sorprendente è il caso del Sussex, in cui l'intervallo di confidenza del gruppo di controllo è molto piccolo mentre uno dei campioni (controllo) si trova ben al di fuori di esso. Chiaramente questo punto fu escluso dal calcolo della deviazione standard dei livelli di controllo, conducendo a una sottostima del reale valore e rendendo, quindi, impossibile un confronto attendibile fra la variabilità degli allungamenti dei nodi delle piante interne al cerchio e di quelle appartenenti al resto della coltivazione.

Nelle formazioni del Sussex e di Chehalis furono rinvenuti ciuffi circolari di piante rimaste erette al centro dei cerchi, eppure questi campioni furono esclusi dall'analisi della regressione del modello, nonostante si trovassero nel cuore dei cerchi e nonostante l'importanza di questi campioni vista la loro prossimità alla presunta sorgente radiante. Levengood e Talbott esclusero il ciuffo centrale sebbene, grazie all'omissione del fattore di dispersione dell'energia, questo non costituisse alcuna singolarità per il loro modello esponenziale. Sebbene Haselhoff possa aver escluso i ciuffi centrali con l'obiettivo di confrontare i propri risultati con quelli di Levengood e Talbott, egli avrebbe dovuto includerli al fine di valutare correttamente le prestazioni del suo modello.

Inoltre critichiamo la mancanza di informazioni sulla significatività statistica dei parametri del modello proposto. Questo tipo di valutazione è imprescindibile perché permette di giudicare l'attendibilità della regressione, basata sulla trasformazione dell'asse x in seguito all'ottimizzazione del parametro h. Ripetendo le analisi di regressione di Haselhoff sui dati originali, abbiamo scoperto che il parametro h non è significativo al livello a=0,05 (tabella 2a), che costituisce già un limite piuttosto generoso per un'affermazione tanto clamorosa. Includendo i ciuffi centrali nei dati, peggiorano sia i coefficienti di correlazione R2 sia la significatività statistica di h (tabella 2a); pertanto, il modello BOL appare statisticamente privo di attendibilità o, perlomeno, non sufficientemente significativo da ritenere ragionevole l'esistenza di una sorgente puntiforme di radiazione elettromagnetica che irraggi dall'alto i cerchi nel grano.
Va sottolineato come una semplice regressione lineare, che ha lo stesso numero di parametri, approssimi i dati meglio di quanto faccia il modello BOL (tabella 2b). Naturalmente, non stiamo suggerendo l'esistenza di uno specifico sottostante fenomeno lineare, ma vogliamo semplicemente mettere in luce un concetto basilare: l'esistenza di una correlazione non è necessariamente indice di un nesso di causalità. In aggiunta, è molto importate sottolineare che l'applicazione di test statistici a un numero così scarso di dati può condurre a conclusioni errate che sono ben lungi dall'essere statisticamente significative.
Il modello BOL, inoltre, è irrealistico anche da un punto di vista fisico. Un ipotetico modello BOL dovrebbe essere molto più complesso, perché la quantità di energia che colpisce le piante dovrebbe dipendere dall'angolo di incidenza della radiazione rispetto ai nodi degli steli e l'assorbimento di energia dipenderebbe dal cammino percorso dalla radiazione all'interno delle piante e, di conseguenza, dalla loro effettiva trasparenza. Uno stelo parzialmente trasparente schermerebbe in parte il nodo; ne conseguirebbe che il modello di Haselhoff potrebbe funzionare solo assumendo che le piante fossero del tutto trasparenti alla radiazione e pertanto non potrebbero assorbire alcuna energia. Quindi, se ci fosse davvero una sorgente puntiforme ad irraggiare i raccolti, la sua impronta non mostrerebbe comunque un andamento 1/r2.

Abbiamo ottenuto da Haselhoff (Haselhoff, comunicazione agli autori, 2003) le misure originali raccolte nella formazione di origine umana di Nieuwerkerk (fig. 3) e le abbiamo confrontate con quanto riportato nell'articolo di Haselhoff.
La prima cosa che osservammo fu che gli allungamenti dei nodi arrivavano sino al 30%, contraddicendo le conclusioni dell'esperimento di Levengood e Talbott nel Maryland (1997), in cui si stimò che il gravitropismo ammontasse a non più del 10%, e dimostrando nel contempo che piante prelevate in formazioni di dichiarata origine umana potevano presentare allungamenti confrontabili con quelli di piante raccolte in formazioni considerate non antropogeniche ("genuine").

Esaminando il caso di Nieuwerkerk, inoltre, notammo che questa volta il primo punto esterno al cerchio era stato escluso dall'analisi, nonostante distasse appena 10 centimetri dal bordo del cerchio (cioè 12,8 metri dal centro). Includendo questo punto nella regressione, come necessario per eseguire un confronto coerente con le analisi eseguite sulle altre formazioni "genuine", il coefficiente di correlazione del modello BOL cambia da R=0,54 a R=0,63.

La cosa più sorprendente, tuttavia, fu scoprire che solo una parte delle misure sperimentali era stata pubblicata nell'articolo. Durante l'esperimento, Haselhoff raccolse due serie di misure, chiamate set A e set B, raccogliendo i campioni secondo due direttrici perpendicolari fra loro sulla stessa impronta circolare, ma pubblicò i risultati del solo set A. Il coefficiente di correlazione del modello BOL applicato al set B è R=0,71, decisamente più alto di quello del set A.

Usando entrambi i set, mediando i valori dei punti che si trovavano all'interno del cerchio, alla stessa distanza dal centro (fig. 2d), trovammo che il coefficiente di correlazione per il modello BOL cresce a R=0,73. Inoltre, includendo tutti i dati disponibili appartenenti alla parte esterna dei cerchi e usando come valore di controllo la media di tutti i punti esterni, il coefficiente di correlazione sale a R=0,83. In conclusione: piante raccolte in formazioni di dichiarata origine umana possono rivelare proprietà statistiche simili a quelle di formazioni considerate "genuine".

Un'altra critica riguarda la mancanza di analisi della formazione a spirale di Beckhampton, sebbene questo esperimento fosse stato dettagliatamente descritto nell'articolo di Levengood e Talbott, lo stesso articolo commentato da Haselhoff. In realtà, la formazione di Beckhampton non presenta alcun andamento 1/r2; gli allungamenti dei nodi non sembrano neppure correlati con la distanza dal centro. Ricordiamo che tutti gli esperimenti devono essere presi in considerazione e che una teoria è valida solo quando è in grado di spiegare tutti i casi e non solo quelli che si accordano con l'ipotesi sperimentale.

Si potrebbe ipotizzare che, per riuscire a tracciare una spirale nel raccolto, una BOL avrebbe dovuto muoversi in modo complesso piuttosto che stazionare semplicemente sopra il centro; questo movimento complesso impedirebbe di scorgere nei dati l'andamento 1/r2, rendendo chiare le ragioni dell'esclusione dall'analisi.

Tuttavia, questa giustificazione condurrebbe a porsi domande circa la portata dei tre articoli. È normalmente accettato dai "credenti" che i cerchi nel grano siano opera di esseri senzienti, perché (presumibilmente) i fenomeni naturali non sarebbero in grado di generare una tale varietà di figure geometriche dall'apparenza così simbolica. Queste avvincenti proprietà geometriche non sono però presenti nelle semplici forme circolari o in quelle irregolari (non-geometriche). Se una pubblicazione scientifica si focalizza solo sui semplici cerchi, le sue conclusioni non possono poi essere estese alle formazioni complesse se non affidandosi alla discutibile implicita assunzione che possa esistere una sola unica causa per l'abbattimento delle piante. Se un articolo scientifico non prende in considerazione anche le formazioni complesse allora la sua rilevanza nei confronti di ciò che la gente chiama "cerchi nel grano" rimane tutta da dimostrare.

Un'altra critica fondamentale riguarda l'inconsistenza delle assunzioni. Nell'articolo di Levengood e Talbott è suggerito che l'allungamento dei nodi sia dovuto ad un rapido e intenso riscaldamento dei tessuti delle piante, conseguente all'assorbimento di radiazione elettromagnetica. Il riscaldamento dell'acqua contenuta nelle cellule sarebbe all'origine di un aumento di pressione interna che, a sua volta, forzerebbe i tessuti visco-elastici ad allungarsi. Nel suo articolo, pubblicato nel 1994, Levengood sostenne che "se energia da microonde è coinvolta nella formazione dei crop circles, la quantità di calore dovrebbe dipendere dal contenuto d'acqua della pianta". La dilatazione termica dell'acqua liquida fra 15 °C e 90 °C, tuttavia, è non più del 3,5%, non sufficiente a giustificare gli allungamenti tra il 30% e il 200% osservati per i nodi nelle formazioni (Levengood & Talbott, 1999).

Inoltre, sia Levengood e Talbott (1999) che J.A. Burke (1998), un membro dello stesso gruppo di ricerca (BLT), affermarono che danni alle piante (allungamenti dei nodi) di maggior entità si rinvengono in piante abbattute al suolo a causa del vento o di condizioni meteorologiche severe.

Tutte le ipotesi formulate attorno alla creazione dei cerchi si fondano su un effetto termomeccanico, ma nessuno degli autori ha mai dimostrato la possibilità per i nodi di potersi allungare sino del 200% o anche del 100%, così come osservato nelle formazioni "genuine", sotto l'azione di un riscaldamento. Eppure non sembra difficile verificare se i nodi possano effettivamente allungarsi sotto l'azione di calore radiante (senza bruciare o uccidere le piante); ma finché una qualche evidenza di laboratorio per l'effetto termomeccanico non viene prodotta, allungamenti dei nodi come quelli dichiaratamente osservati nei cerchi nel grano non possono essere collegati all'assorbimento di una qualche forma di irraggiamento elettromagnetico.

Un'altra critica riguarda la mancanza di informazioni dettagliate su ogni argomento trattato negli articoli: nessuna fotografia delle tre formazioni genuine, né del "falso" di Nieuwerkerk è stata prodotta; nessuna tabella con i dati originali è stata riportata; non è stata fornita alcuna descrizione sulla geometria dell'appiattimento delle piante (cioè nulla è stato detto sulla posizione delle piante abbattute); nulla è stato scritto sulla posizione in cui i campioni sono stati raccolti all'interno del cerchio, tranne la loro distanza dal centro. Quindi lo studio non permette un'analisi bidimensionale; nessuna incertezza sul valore delle ascisse è riportata, laddove ogni punto di campionamento rappresentava in effetti la lunghezza media dei nodi di circa 10-15 piante e piccole differenze nella distanza dal centro producono enormi variazioni nell'allungamento dei nodi, come nel caso della formazione di Devizes in cui il secondo e terzo punto distavano solo 1,9 cm eppure gli allungamenti differiscono addirittura dell'86%. Nessuna ipotesi è stata formulata su ciò che riguarda la durata, l'intensità e la frequenza della presunta radiazione. Infine, l'opacità delle piante alla radiazione, che implica la necessità di considerazioni sugli angoli di incidenza, può drammaticamente modificare la simmetria del meccanismo di assorbimento di energia e, quindi, l'equazione del modello; questo elemento è stato del tutto ignorato.


Conclusioni

La nostra conclusione è che le affermazioni sul coinvolgimento di una qualche forma di irraggiamento elettromagnetico all'origine della formazione dei cerchi nel grano non trova supporto nell'evidenza sperimentale. In particolare, l'andamento 1/r2 esiste solo in virtù di un'esclusione ingiustificata di dati indesiderati; nonostante ciò, anche in queste condizioni privilegiate, il modello proposto non interpola i dati altrettanto bene quanto una semplice regressione lineare. E seppure un andamento 1/r2 fosse evidenziabile nei dati sperimentali, esso non potrebbe comunque essere attribuito ad una sorgente puntiforme di radiazione, perché implicherebbe la completa trasparenza delle piante rispetto alla radiazione incidente, impedendo qualunque assorbimento di energia. Inoltre, il modello BOL è stato selettivamente applicato alle sole formazioni dalla struttura circolare semplice, laddove le forme rettangolari o più complesse sono state deliberatamente ignorate per l'impossibilità di adattarle all'ipotesi BOL.

I fatti discussi nel nostro articolo critico non dimostrano nient'altro che l'esistenza di una semplice differenza nell'allungamento dei nodi delle piante abbattute all'interno dei cerchi rispetto a quelle rimaste erette al loro esterno, come ci si dovrebbe attendere nel caso in cui un qualunque tipo di azione meccanica riuscisse ad appiattire al suolo le piante, corde e assi comprese.


Bibliografia


Levengood, W.C. & Talbott, N.P. (1999), "Dispersion of
energies in worldwide crop formations". Physiol. Plant. 105, 615-624.
Haselhoff, E.H. (2001), "Opinions and comments on Levengood
WC, Talbott NP (1999) Dispersion of energies in worldwide crop formations". Physiol. Plant. 111: 123-125.
Levengood, W.C. (1994), "Anatomical anomalies in crop
formation plants". Physiol. Plant. 92

di:
Francesco Grassi
Ingegnere


Claudio Cocheo
Centro di Ricerche Ambientali
Fondazione Salvatore Maugeri


Paolo Russo
Programmatore

fonte:http://www.cicap.org/new/articolo.php?id=273121
marco facci
00venerdì 19 settembre 2008 16:04
Riassunto

Quest'articolo è una reazione rapida a un articolo pubblicato da Francesco Grassi et al., dell'organizzazione scettica italiana CICAP. In quest'articolo Grassi solleva molte questioni relative a tre precedenti pubblicazioni scientifiche, una delle quali scritta da me. La maggior parte dei punti sollevati da Grassi sulla mia pubblicazione, se non tutti, sono irrilevanti o erronei. Alcuni dei suoi commenti sarebbero stati validi nel caso che il mio scritto fosse stato un articolo a pieno titolo, cosa che chiaramente non era. Gli argomenti di Grassi circa la rilevanza statistica erano stati già menzionati nelle mie stesse conclusioni e pertanto non possono essere usati come critiche. La sua accusa che non avrei reso pubblici dei dati per manipolare la statistica non è valida. Infatti, a causa di una comunicazione inadeguata, Grassi ha usato dati "spazzatura" per la sua analisi, che di conseguenza non ha alcun valore. Infine, credo che lo stile roboante e denigratorio della pubblicazione di Grassi sia sproporzionato.

L'articolo di Grassi1 è un commento ad altre tre pubblicazioni scientifiche, due delle quali scritte da membri del gruppo di ricerca BLT2, e una da me. Leggendo l'articolo di Grassi ho trovato parecchi apparenti fraintendimenti del lavoro del BLT, ma mi tratterrò dal commentarli, dato che gli autori originali sono le persone appropriate per farlo. Prenderò in considerazione solo i commenti di Grassi al mio lavoro3.

Mi ha sorpreso vedere che un commento su delle pubblicazioni precedenti non sia stato pubblicato sulla stessa rivista che ha presentato gli articoli originali, in questo caso Physiologia Plantarum. Ciò è insolito per le comunicazioni scientifiche, ed è lecito assumere che se l'articolo di Grassi et al. fosse stato un commento appropriato, i curatori di Physiologia Plantarum non l'avrebbero respinto. Sebbene Grassi fornisca effettivamente una spiegazione del fatto che Physiologia Plantarum abbia respinto il suo articolo - il che, per inciso, è un argomento di discussione molto insolito in una comunicazione scientifica - le sue affermazioni sono curiose e sono attualmente oggetto di indagine.

Fondamentalmente, le critiche di Grassi alla mia pubblicazione sono quattro:

a. Sono stati omessi aspetti importanti del modello fisico presentato (come l'assorbimento della radiazione da parte dell'aria e l'angolo di incidenza della radiazione sui nodi degli steli);

b. L'analisi è basata su un numero di misure insufficiente, per cui i risultati mancano di rilevanza statistica;

c. C'è una mancanza di informazioni dettagliate (ad esempio Grassi richiede tabelle con i dati originali);

d. Non ho deliberatamente reso pubblici dei dati misurati al fine di manipolare la statistica.

Prima di esaminare - e respingere - queste quattro affermazioni, un fatto dev'essere enfatizzato. Una parte importante dell'analisi di Grassi è basata su un estensivo lavoro sul campo e di laboratorio svolto da me. Nel 2003, Grassi mi ha contattato per mezzo di parecchie e-mail molto gentili ed educate, autodefinendosi come un ricercatore sui cerchi nel grano, e chiedendomi se potesse ottenere i dati grezzi delle misure che avevo raccolto da un insieme di cerchi nel grano (Nieuwerkerk, 1996). Dopo averglieli mandati, nessun'altra comunicazione su questi dati né sul mio lavoro correlato ha più avuto luogo. (Non sarò offeso dal fatto che Grassi abbia trascurato di ringraziarmi nel suo articolo, cosa che non sarebbe stata solo una questione di cortesia, ma è anche molto comune nelle comunicazioni scientifiche.)

Ora commenterò brevemente i quattro punti principali sollevati da Grassi:



Sono stati omessi aspetti importanti del modello fisico presentato

Quest'affermazione, assieme a parecchie altre critiche sollevate da Grassi nel suo articolo, sarebbero state appropriate se il mio scritto fosse stato un articolo a pieno titolo, che descriveva un lavoro originale. Ad ogni modo, il mio scritto era chiaramente un commento ad uno degli articoli del BLT, e pertanto non una pubblicazione autosufficiente di una ricerca originale. I punti sollevati da Grassi, compreso quello summenzionato, erano implicitamente affrontati nelle mie conclusioni, dove dichiaravo che l'articolo commentato stimola ulteriori studi. Quindi respingo la critica di Grassi, dato che i commenti ad altre pubblicazioni scientifiche devono essere mirati e concisi.


I risultati mancano di rilevanza statistica

Alla fine del mio articolo concludevo che molti più dati dovrebbero essere analizzati e approfonditi studi statistici saranno necessari... È pertanto curioso vedere Grassi usare le mie stesse argomentazioni contro di me. Ripete semplicemente le mie stesse conclusioni, il che non può mai essere una nota critica, nonostante il fatto che Grassi la presenti come tale, e perfino in modo denigratorio. Sono effettivamente d'accordo con l'asserzione di Grassi, ma la respingo come critica al mio lavoro.


C'è una mancanza di informazioni dettagliate e le tabelle con i dati originali avrebbero dovuto essere fornite

Questa critica è curiosa, dato che ho fornito a Grassi tutti i dati originali che avevo disponibili. Inoltre, chiunque con appena un pochino d'esperienza di comunicazione scientifica sa che la pubblicazione di tabelle con i dati originali è non solo insolita, ma è addirittura contro le linee guida di fondamentalmente tutte le riviste scientifiche. I dati originali si trovano in libri o diari di ricerca o nei fogli elettronici su computer, e dovrebbero essere disponibili su richiesta, ma non sono pubblicati nelle comunicazioni scientifiche. Questo è quanto mi hanno insegnato al primo anno di Università, e per buone ragioni: altrimenti il mio articolo sarebbe stato lungo venti pagine anziché due, e sarebbe stato fatto perloppiù di numeri. Pertanto respingo anche questa critica.


Non ho deliberatamente reso pubblici dei dati misurati al fine di manipolare la statistica

Questa è più una grave accusa di frode che una critica. Grassi scrive che, dopo aver ricevuto da me il foglio elettronico con i dati grezzi, ha 'scoperto' misure che non avevo pubblicato, e che, una volta incluse nella sua analisi, avrebbero cambiato significativamente l'esito dei miei risultati. Tuttavia, il motivo per omettere i dati dalla mia analisi era semplice: a causa di uno sfortunato incidente parecchi dei campioni in questa serie erano stati mescolati prima ancora di essere misurati. Per quanto avessi riordinato i campioni meglio che potevo, quest'evento rendeva priva di valore qualunque analisi di correlazione, compresa la maggior parte del lavoro svolto da Grassi e presentato nel suo articolo. Tutti i suoi corrispondenti risultati e conclusioni sono perciò altrettanto privi di valore. È interessante notare che una semplice e-mail avrebbe evitato a lui e ai suoi collaboratori di sprecare tempo prezioso.

A questo punto aggiungerei che la richiesta di Grassi di più prove era stata già affrontata. Questo è ancora oggi il fulcro delle mie personali attività sui cerchi nel grano. Uno specifico caso (Hoeven 1999) era stato già studiato in dettaglio e pubblicato nel mio ultimo libro4, che è in possesso di Grassi e ha formato la base dei suoi studi. Grassi ha richiesto anche i dati grezzi di questa formazione, tuttavia non li avevo prontamente disponibili. Da allora, novembre 2003, non ho più sentito nulla da Grassi. Comunque, oltre all'informazione dettagliata nel mio libro, Grassi era anche al corrente del rapporto estensivo su questo caso che era stato pubblicato molto tempo fa (1999) su internet5, compresi i dati grezzi6. Questo studio discute un caso di un cerchio nel grano che si adatta all'ipotesi BOL con una rilevanza statistica molto alta, ed è perciò in conflitto con la conclusione principale di Grassi che "il coinvolgimento di una qualche forma di irraggiamento elettromagnetico ... non trova supporto nell'evidenza sperimentale". Si può solo fare ipotesi sul perché Grassi abbia deciso di non includere questi dati nella sua analisi.

Infine, vorrei esprimere il mio sbigottimento circa lo stile roboante e denigratorio dell'articolo di Grassi, in cui pretende di smontare un'affermazione sensazionale. Chiunque legga il mio scritto concorderà che si trattava di un semplice commento al lavoro del gruppo BLT, che suggeriva alcuni adattamenti al modello e portava avanti le loro ipotesi con una versione modificata, solo per stimolare ulteriori studi. Secondo me sia lo stile del commento di Grassi che la propaganda ad esso correlata che egli sta attualmente portando avanti su internet e oltre sono di gran lunga sproporzionati, e gettano un'ombra scura sulle sue vere intenzioni.


Conclusioni

Normalmente, agli autori di comunicazioni scientifiche si chiede un commento prima di criticare il loro lavoro. Non è solo una questione di cortesia, ma evita anche sprechi di tempo prezioso. Qualunque ricercatore serio si prenderebbe il tempo di verificare se c'è qualche fatto che ha trascurato o eventualmente frainteso prima di precipitarsi alle pubblicazioni e ai comunicati stampa. Posso solo concludere che il Sig. Grassi ha poca o nessuna esperienza di comunicazione scientifica. Una corrispondenza franca e onesta, iniziata dal Sig. Grassi e coautori, avrebbe risparmiato a me, a loro e ai curatori di Physiologia Plantarum e del Journal of Scientific Exploration un sacco di lavoro inutile. Apprezzo davvero gli sforzi dediti a perseguire la conoscenza. Tuttavia, non posso evitare di sospettare dal corso degli eventi che il Sig. Grassi fosse più dedito a screditare me e il mio lavoro che a svolgere ricerche oneste e corrette.

Quest'articolo è inteso per il pubblico generale e può essere copiato e distribuito liberamente. Prenderò in considerazione l'idea di scrivere una replica formale, assieme agli autori degli altri due articoli, al Journal of Scientific Exploration. In una tale replica prenderei in esame tutte le critiche di Grassi una ad una, in maggior dettaglio. Tuttavia, essendomi diventato chiaro che Grassi e collaboratori hanno poco o nessun interesse per una discussione scientifica onesta e costruttiva, e dato che secondo me fin troppo tempo ed energie sono già stati sprecati, potrei decidere di impiegare il mio tempo in attività più utili.

Eltjo Haselhoff, PhD
Dutch Centre for Crop Circle Studies (Centro olandese per gli studi sui cerchi nel grano)
dcccs@planet.nl


Note


Balls of light: The Questionable Science of Crop
Circles, Journal of Scientific Exploration, Vol. 19, No. 2, pp.159-170, 2005.
Levengood, W. C. (1994). Anatomical anomalies in crop
formation plants. Physiologia Plantarum Journal, 92, 356-363, and Levengood, W. C. & Talbott, N. P. (1999). Dispersion of energies in worldwide crop formations, Physiologia Plantarum Journal, 105, 615-624.
Haselhoff, E. H. (2001). Opinions and comments on
Levengood WC, Talbott NP (1999). Dispersion of energies in worldwide crop formations. Physiologia Plantarum Journal, 105, 615-624; 111, 123-125.
The Deepening Complexity of Crop Circles, vedere:
www.deepeningcomplexity.com
archiv.fgk.org/99/Berichte/Hoeven99/index.shtml
www.dcccs.org/sample.htm
marco facci
00venerdì 19 settembre 2008 16:07
Sfere di luce (3): La scienza discutibile dei cerchi nel grano
Grassi et al. rispondono alla reazione rapida su internet di Eltjo Haselhoff all'articolo sul JSE

Poco dopo la pubblicazione del nostro articolo sul Journal of Scientific Exploration, il Dr. Eltjo Haselhoff, uno degli autori degli articoli da noi criticati, ha scritto una breve replica, giusto una "reazione rapida", come l'ha definita. Ha aggiunto:


Prenderò in considerazione l'idea di scrivere una replica formale, assieme agli autori degli altri due articoli, al Journal of Scientific Exploration. In una tale replica prenderei in esame tutte le critiche di Grassi una ad una, in maggior dettaglio. Tuttavia, essendomi diventato chiaro che Grassi e collaboratori hanno poco o nessun interesse per una discussione scientifica onesta e costruttiva, e dato che secondo me fin troppo tempo ed energie sono già stati sprecati, potrei decidere di impiegare il mio tempo in attività più utili.


Ciò è esattamente quanto sembra aver deciso, dato che è passato un anno e Haselhoff ha recentemente confermato di non aver ancora scritto alcuna replica formale. La attendevamo per poter poi replicare, ma adesso ci sembra di aver atteso abbastanza. Quest'articolo esamina tutti i punti sollevati da Haselhoff nella sua replica. Essendo passato parecchio tempo, può essere utile riportare la maggior parte del testo di Haselhoff.


Mi ha sorpreso vedere che un commento su delle pubblicazioni precedenti non sia stato pubblicato sulla stessa rivista che ha presentato gli articoli originali, in questo caso Physiologia Plantarum. Ciò è insolito per le comunicazioni scientifiche, ed è lecito assumere che se l'articolo di Grassi et al. fosse stato un commento appropriato, i curatori di Physiologia Plantarum non l'avrebbero respinto. Sebbene Grassi fornisca effettivamente una spiegazione del fatto che Physiologia Plantarum abbia respinto il suo articolo - il che, per inciso, è un argomento di discussione molto insolito in una comunicazione scientifica - le sue affermazioni sono curiose e sono attualmente oggetto di indagine.


Confermiamo che è un argomento molto insolito, ma la ragione per cui abbiamo dovuto includerlo nell'articolo è mostrata chiaramente nella citazione precedente: per evitare "lecite assunzioni" come quella di Haselhoff circa l'appropriatezza del nostro articolo. Confidiamo anche che Haselhoff abbia avuto tempo a sufficienza per indagare in maniera approfondita sulle nostre affermazioni.


Fondamentalmente, le critiche di Grassi alla mia pubblicazione sono quattro: [...]


Questo è un forte travisamento delle nostre critiche. Il nostro articolo solleva molti più punti dei quattro menzionati da Haselhoff. Giusto per elencarne alcuni: la formazione di Beckhampton non è stata analizzata e non si adatta al modello, l'assunto sull'espansione termica dell'acqua è fisicamente incoerente, il meccanismo termico poteva e doveva essere testato e non lo è stato, il criterio per l'inclusione dei campioni nel gruppo di controllo non è definito, i ciuffi centrali sono stati esclusi, l'assunto circa l'allungamento "normale" dei nodi è contraddetto dal cerchio di origine umana di Nieuwerkerk... non avrebbe scopo riassumere qui l'intero articolo. (Molti di questi problemi sono già presenti negli articoli di Levengood e Talbott da cui si sviluppa quello di Haselhoff, ma ciò non toglie che anche quest'ultimo ne sia altrettanto affetto, come abbiamo indicato nel nostro articolo.) Ovviamente Haselhoff è libero di non commentare questi punti, ma non dovrebbe negarne l'esistenza nel nostro articolo, né nasconderli dietro la parola "fondamentalmente".

Poi Haselhoff cerca di respingere i "quattro" punti che secondo lui avremmo sollevato.


Prima di esaminare - e respingere - queste quattro affermazioni, un fatto dev'essere enfatizzato. Una parte importante dell'analisi di Grassi è basata su un estensivo lavoro sul campo e di laboratorio svolto da me.


Una buona parte della nostra analisi è una critica a quel lavoro, quindi è solo ovvio che quella parte sia basata su di esso.


Nel 2003, Grassi mi ha contattato per mezzo di parecchie e-mail molto gentili ed educate, autodefinendosi come un ricercatore sui cerchi nel grano, e chiedendomi se potesse ottenere i dati grezzi delle misure che avevo raccolto da un insieme di cerchi nel grano (Nieuwerkerk, 1996). Dopo averglieli mandati, nessun'altra comunicazione su questi dati né sul mio lavoro correlato ha più avuto luogo.


In effetti è successo molto più di questo (vedere dopo).


(Non sarò offeso dal fatto che Grassi abbia trascurato di ringraziarmi nel suo articolo, cosa che non sarebbe stata solo una questione di cortesia, ma è anche molto comune nelle comunicazioni scientifiche.)


Siamo lieti di sapere che non si è offeso. Abbiamo evitato di ringraziarlo, come sarebbe stato normale in circostanze diverse, perché la nostra critica non era lieve. Ci sono culture, come quella italiana, dove ringraziare qualcuno per aver contribuito a un'analisi che annienta le sue stesse conclusioni non suonerebbe cortese, ma ironico, forse perfino offensivo. Non volevamo davvero niente del genere.


Ora commenterò brevemente i quattro punti principali sollevati da Grassi:

a. Sono stati omessi aspetti importanti del modello fisico presentato



Quest'affermazione, assieme a parecchie altre critiche sollevate da Grassi nel suo articolo, sarebbero state appropriate se il mio scritto fosse stato un articolo a pieno titolo, che descriveva un lavoro originale. Ad ogni modo, il mio scritto era chiaramente un commento ad uno degli articoli del BLT, e pertanto non una pubblicazione autosufficiente di una ricerca originale. I punti sollevati da Grassi, compreso quello summenzionato, erano implicitamente affrontati nelle mie conclusioni, dove dichiaravo che l'articolo commentato stimola ulteriori studi. Quindi respingo la critica di Grassi, dato che i commenti ad altre pubblicazioni scientifiche devono essere mirati e concisi.


I commenti dovrebbero essere mirati e concisi perché dovrebbero essere realmente solo commenti al lavoro di altre persone. Questo è il motivo per cui di solito non sono neppure referati. Il "commento" di Haselhoff è molto insolito: la prima parte commenta effettivamente un articolo del BLT, mettendo in evidenza un paio di errori nell'analisi dei dati; se solo il "commento" finisse lì, sarebbe perfetto. Ma poi continua con del lavoro originale: una nuova ipotesi con un nuovo modello (BOL), nuovi dati (Nieuwerkerk), nuovi calcoli, nuove conclusioni. Innanzi tutto, cose del genere non avrebbero mai dovuto essere scritte in forma di "commento". I commenti sono una preziosa risorsa per evidenziare e correggere rapidamente i difetti degli articoli scientifici; non sono da intendere come un modo per pubblicare rapidamente brevi articoli, eventualmente aggirando il processo di referaggio.
Avremmo potuto criticare l'uso improprio dei "commenti" da parte di Haselhoff nel nostro articolo sul JSE. Non l'abbiamo fatto, perché eravamo - e siamo - più interessati a ciò che ha scritto che a come l'ha pubblicato. Ma la scienza è scienza, e c'è solo un modo di farla: correttamente. Semplicemente non c'è posto nella scienza per affermazioni straordinarie basate su modelli inadeguati, dati insufficienti e calcoli impropri. Se Haselhoff pensa di aver trovato un simile posto nei "commenti", dovrebbe ripensare a cos'è la scienza.

In quanto a quell'"implicitamente affrontati nelle mie conclusioni", vedere il prossimo punto.


b. I risultati mancano di rilevanza statistica



Alla fine del mio articolo concludevo che molti più dati dovrebbero essere analizzati e approfonditi studi statistici saranno necessari... È pertanto curioso vedere Grassi usare le mie stesse argomentazioni contro di me. Ripete semplicemente le mie stesse conclusioni, il che non può mai essere una nota critica, nonostante il fatto che Grassi la presenti come tale, e perfino in modo denigratorio. Sono effettivamente d'accordo con l'asserzione di Grassi, ma la respingo come critica al mio lavoro.


No, non abbiamo ripetuto le conclusioni di Haselhoff. Quando i risultati di un qualunque studio scientifico mancano di rilevanza statistica, l'esito dello studio è considerato "negativo". In altre parole, nel linguaggio scientifico, "i risultati mancano di rilevanza statistica" significa in effetti "non ci sono risultati". Haselhoff non ha mai concluso ciò, ovviamente. Al contrario, ha scritto:
I dati sperimentali [...] suggeriscono che l'espansione della lunghezza dei nodi nei cerchi nel grano sia un effetto termo-meccanico, possibilmente indotto da qualche tipo di sorgente elettromagnetica puntiforme. I dati ottenuti da una semplice formazione fatta a mano non rivelano le stesse caratteristiche.
Quindi Haselhoff afferma di aver trovato qualcosa: caratteristiche statistiche, che suggeriscono un fenomeno fisico. Aggiunge anche:
[...] la lunghezza dei nodi dipendente dalla posizione, e in particolare l'apparente carattere organizzato dei dati analizzati, è interessante e stimola ulteriori studi.
Di nuovo, scrive di caratteristiche trovate nei dati dalla sua analisi statistica e meritevoli di ulteriore studio. Di un'analisi statistica si può dire che ha trovato qualcosa solo quando il risultato è statisticamente significativo.

La citazione di Haselhoff dalle sue stesse conclusioni è troppo corta per apprezzare il significato della frase originale. La citazione completa è:
L'autore non pretende in alcun modo di presentare una 'cartina di tornasole' per distinguere tra una formazione nel grano 'genuina', qualunque cosa possa essere, e un'area di grano appiattita a mano. Molti più dati dovrebbero essere analizzati e approfonditi studi statistici saranno necessari prima di poter definire un tale criterio.
Quindi Haselhoff afferma soltanto che i suoi risultati non sono così universali da poter essere usati come test di 'genuinità' per tutti i cerchi nel grano - almeno, non ancora. Pertanto, sebbene le conclusioni di Haselhoff siano effettivamente un po' vaghe e lascino un certo spazio alle interpretazioni, questo spazio non è illimitato. Non ha mai concluso di non aver identificato alcun elemento di prova a favore del'ipotesi BOL. Non ha mai concluso di non aver trovato nulla; nessuno lo fa mai. Se pensi di non aver trovato nulla, non scrivi un articolo, né un commento, né nient'altro, a meno che tu non voglia rendere noto che il risultato del tuo studio è stato negativo: hai cercato qualcosa che sembra non esistere e vuoi pubblicare questa prova negativa. In nessuna parte delle conclusioni di Haselhoff si può trovare una simile ammissione di un esito negativo.

Giusto come nota conclusiva, siamo sorpresi dal contrasto stridente tra la recente minimizzazione di Haselhoff del suo stesso lavoro (solo un commento, solo uno stimolo per ulteriori ricerche, mai inteso essere nulla di diverso) e il modo roboante in cui lo presenta nel suo libro (La natura complessa dei cerchi nel grano, vedere www.deepeningcomplexity.com):
[...] i coefficienti di regressione lineare avevano tutti un valore che si avvicinava all'unità, prova significativa per dimostrare che una sorgente elettromagnetica puntiforme aveva provocato il rigonfiamento dei nodi. [...] Queste scoperte vennero presentate ad una rivista di informazione scientifica [...] Il fatto che il mio articolo sia stato pubblicato assume una certa importanza, avvalorando l'ipotesi che le "sfere di luce" siano direttamente implicate nella creazione di formazioni nel grano (o almeno in alcune di queste). Ciò non è più soltanto un'ipotesi, ma un fatto riconosciuto e scientificamente provato e rimarrà tale finché qualcun altro non presenterà una spiegazione alternativa [...] o dimostri come l'analisi fosse sbagliata.
(dall'edizione italiana, pg. 89-90; l'evidenziazione del testo è nostra).

Questa citazione può servire a cancellare qualunque ragionevole dubbio su ciò che Haselhoff intendesse nelle conclusioni del suo articolo, anche se adesso sembra aver cambiato idea. Accogliamo con piacere quest'evoluzione della sua posizione ufficiale, che consideriamo un effetto positivo del nostro lavoro, ma respingiamo qualunque ridefinizione della sua posizione precedente: il passato non si può riscrivere. Tra l'altro, in quella citazione Haselhoff considera l'eventualità che qualcuno possa dimostrare che la sua analisi fosse sbagliata: sembra molto aperto alla critica, come ogni ricercatore dovrebbe essere. Tuttavia, pensiamo di aver fornito la dimostrazione che aveva chiesto, ma ora Haselhoff sembra alquanto riluttante ad accettarla.


c. C'è una mancanza di informazioni dettagliate e le tabelle con i dati originali avrebbero dovuto essere fornite

Questa critica è curiosa, dato che ho fornito a Grassi tutti i dati originali che avevo disponibili.


Curiosamente, la maggior parte dei dati che abbiamo richiesto è sempre stata non disponibile. Abbiamo chiesto a Haselhoff i dati di tutte le formazioni che aveva analizzato: Devizes, Chehalis, Sussex (campionati dal BLT), Nieuwerkerk e Hoeven (campionati da Haselhoff). Sebbene ci avesse assicurato che li avremmo ricevuti tutti, abbiamo ricevuto solo i dati di Nieuwerkerk. In tutti gli altri casi abbiamo dovuto lavorare con dati riletti dai grafici.


Inoltre, chiunque con appena un pochino d'esperienza di comunicazione scientifica sa che la pubblicazione di tabelle con i dati originali è non solo insolita, ma è addirittura contro le linee guida di fondamentalmente tutte le riviste scientifiche. I dati originali si trovano in libri o diari di ricerca o nei fogli elettronici su computer, e dovrebbero essere disponibili su richiesta, ma non sono pubblicati nelle comunicazioni scientifiche. Questo è quanto mi hanno insegnato al primo anno di Università, e per buone ragioni: altrimenti il mio articolo sarebbe stato lungo venti pagine anziché due, e sarebbe stato fatto perlopiù di numeri. Pertanto respingo anche questa critica.


Siamo sorpresi che Haselhoff non colga il nostro punto. Abbiamo fornito tre tabelle di dati nel nostro articolo; tutte insieme, hanno riempito una pagina scarsa del Journal of Scientific Exploration, e avrebbero occupato meno di mezza pagina di Physiologia Plantarum, che ha pagine più dense. Ovviamente le tabelle contenevano solo le medie dei campioni, non i singoli valori, e anche se le medie dovrebbero essere sufficienti a riprodurre e verificare le regressioni, sono del tutto inadeguate a fornire informazioni circa l'incertezza sull'asse x; anche questa informazione avrebbe dovuto essere fornita negli articoli di Haselhoff e del BLT. Al contrario, non c'era nessuna tabella di dati.

Nella scienza la riproducibilità non può mai essere una preoccupazione secondaria: è la sua caratteristica chiave. Senza tabelle, chiunque voglia verificare l'analisi deve o ricavare i dati dai grafici a mano con riga e squadretta, lentamente, con precisione limitata, o chiedere i dati all'autore e aspettare e sperare. Entrambe le opzioni sono piuttosto lente e scomode e scoraggiano la verifica; non saremmo sorpresi se fossimo stati i primi a verificare l'analisi di Haselhoff. Non fornire le tabelle con i dati non è sempre una mancanza grave, ma è raramente una buona scelta quando le tabelle sono piccole; in un articolo che avanza ipotesi straordinarie sulla base di appena pochi campioni, è quanto meno una scelta incomprensibile e discutibile.

Inoltre, abbiamo messo in discussione la carenza di altri tipi di informazione. Per esempio, non sono state mostrate le forme dei cerchi.


d. Non ho deliberatamente reso pubblici dei dati misurati al fine di manipolare la statistica



Questa è più una grave accusa di frode che una critica. Grassi scrive che, dopo aver ricevuto da me il foglio elettronico con i dati grezzi, ha 'scoperto' misure che non avevo pubblicato, e che, una volta incluse nella sua analisi, avrebbero cambiato significativamente l'esito dei miei risultati.


Ovviamente non abbiamo mai accusato nessuno di frode; non riusciamo proprio a immaginare un ricercatore fraudolento che invia per e-mail la prova delle sue azioni a qualcuno che gliel'ha chiesta. Pensavamo che fosse ovvio. Abbiamo solo notato che qualcosa non andava dal punto di vista del metodo scientifico (nella vita di tutti i giorni uno può anche decidere di non utilizzare tutte le informazioni che ha a disposizione, ma nella scienza non ha una tale libertà), ma avevamo già notato altri esempi di quello stesso tipo di errore nel lavoro di Haselhoff, quindi eravamo preparati ad accettare quella sorpresa finale.


Tuttavia, il motivo per omettere i dati dalla mia analisi era semplice: a causa di uno sfortunato incidente parecchi dei campioni in questa serie erano stati mescolati prima ancora di essere misurati. Per quanto avessi riordinato i campioni meglio che potevo, quest'evento rendeva priva di valore qualunque analisi di correlazione, compresa la maggior parte del lavoro svolto da Grassi e presentato nel suo articolo. Tutti i suoi corrispondenti risultati e conclusioni sono perciò altrettanto privi di valore. È interessante notare che una semplice e-mail avrebbe evitato a lui e ai suoi collaboratori di sprecare tempo prezioso.


È interessante notare che abbiamo inviato quella e-mail. Questo è un breve riassunto degli eventi.

Quando abbiamo iniziato la nostra indagine, abbiamo letto non solo gli articoli del BLT e di Haselhoff, ma anche il famoso libro di Haselhoff.
L'articolo menzionava l'analisi di un cerchio fatto dall'uomo: "Nieuwerkerk, 1997".
Il libro menzionava l'analisi di un cerchio fatto dall'uomo: "Dreischor, 1997".
I grafici corrispondenti erano completamente diversi.
Tuttavia, una piccola indagine ha evidenziato che si trattava in effetti dello stesso cerchio. Lo sospettavamo, perché Haselhoff aveva già fatto qualcosa di simile con l'altra formazione che aveva esaminato, denominata "Hoeven" in una pagina web e "Noord-Badant" nel suo libro. Non discuteremo qui le possibili ragioni di questa strana e fuorviante abitudine.

A quel punto abbiamo pensato che ci fosse qualcosa di sbagliato nei grafici. Questa è una delle ragioni per cui abbiamo chiesto in privato a Haselhoff i dati di Dreischor-Nieuwerkerk. Questo è un breve passo (tradotto in italiano) tratto dalla prima e-mail di Grassi a Haselhoff:


Per quanto riguarda la formazione di Nieuwerkerk, dall'articolo sembra che tu abbia personalmente campionato solo 6 punti, ma i valori riportati in un grafico nel tuo libro sono diversi.
Hai campionato altri punti nella formazione di Nieuwerkerk?
Ti è facile mandarmi anche tutti i dati in forma elettronica che hai raccolto a Nieuwerkerk?


Haselhoff ha risposto con una e-mail con un file di dati accluso. Il testo della e-mail citava (nel quoting) quel passo, perciò è lecito assumere che Haselhoff l'abbia letto, ma dopo la citazione ha risposto solo di guardare il file accluso. Che è ciò che abbiamo fatto.

Quando abbiamo visto che il file conteneva due set di dati distinti, è risultato evidente che Haselhoff aveva usato il set A nell'articolo e il set B nel libro. Un esame più dettagliato ha rivelato che aveva anche adottato due diversi valori per il livello dei controlli, nonostante avesse raccolto un solo gruppo di campioni di controllo; mentre l'articolo usava correttamente la media di tutti i campioni di controllo, il libro ne usava erroneamente solo una parte. Grazie a questa selezione dei dati, l'allungamento dei nodi mostrato nel grafico del libro è inferiore al dovuto, il che porta a sottostimare l'allungamento naturale dei nodi e a favorire l'ipotesi BOL: a uno dei campioni è attribuito addirittura un allungamento negativo. Quel campione solitario sotto il livello dello zero è solo una delle caratteristiche che rendono i due grafici facilmente distinguibili a colpo d'occhio.

Abbiamo semplicemente pensato di avere di fronte due selezioni di dati, un genere di errore scientifico che avevamo già riscontrato in altre parti dell'articolo di Haselhoff (ciuffi centrali, Beckhampton) e del suo rapporto su Hoeven (vedere più avanti). Niente di nuovo. Perché avremmo dovuto sospettare che il set B fosse rovinato, visto che Haselhoff l'aveva pubblicato nel suo libro?

Al contrario, la spiegazione di Haselhoff ci sorprende davvero. Uno sfortunato incidente può sempre succedere, su questo non abbiamo nulla da dire; ciò che troviamo stupefacente è la catena complessiva di eventi improbabili implicati da quella spiegazione:

1) Uno sfortunato incidente ha rimescolato i dati, rovinando il set B.

2) Haselhoff ha pubblicato per sbaglio il grafico del set B nel suo libro. Uno sbaglio è la giustificazione che ha fornito come risposta a una domanda nel newsgroup italiano it.discussioni.misteri: tinyurl.com/lesod. Sembra che intendesse pubblicare nel libro il set A, ma gli è capitato di pubblicare invece il set B.

3) Ha commesso un altro errore nello stesso grafico: ha in qualche modo sostituito il livello dei controlli originale con uno ricalcolato male.

4) Durante l'intero processo di preparare il grafico, posizionarlo nella pagina, aggiustare colori e dimensioni, controllare la qualità di stampa finale, prendersi cura di tante traduzioni ed edizioni del libro, non si è mai accorto che il grafico era completamente sbagliato. Non ha mai scorto il solitario campione sotto zero. Una semplice occhiata di sfuggita l'avrebbe probabimente localizzato.

5) Dopo aver impiegato un sacco di tempo e sforzi a raccogliere e analizzare i dati e dopo che un incidente ha rovinato metà del suo lavoro, ha semplicemente dimenticato di menzionare questo dettaglio quando ci ha inviato i dati. Questo è un altro sbaglio che la maggior parte della gente troverebbe assai difficile commettere.

6) Abbiamo indicato la discrepanza dei grafici nella nostra prima e-mail e Haselhoff l'ha inclusa nel quoting. Non ha intrapreso alcuna azione correttiva. Ha reagito alla domanda postagli su it.discussioni.ufo come se non gliene avessero mai parlato prima. Sembra che non abbia preso ciò che abbiamo scritto - e che aveva letto - nella benché minima considerazione: ancora un altro errore.

Lasciamo al lettore ogni giudizio su questa lunga catena.
A parte la combinazione stupefacente di sfortuna e trascuratezza che sarebbe necessaria per provocare quanto sopra, dovrebbe risultare fin troppo chiaro che se qualcuno ha commesso un errore non siamo davvero stati noi.

Haselhoff sembra pensare che questo "errore" invalidi le conclusioni del nostro articolo, ma chiunque accetti la sua spiegazione dovrebbe notare che la sua implicazione non è corretta: solo una piccola parte del nostro lavoro riguardava la formazione di origine umana di Nieuwerkerk, così piccola infatti che non ci siamo neanche curati di menzionarla esplicitamente nelle conclusioni. In particolare, la nostra frase "l'andamento 1/r2 esiste solo in virtù di un'esclusione ingiustificata di dati indesiderati" si riferisce prevalentemente ad altre esclusioni di dati, che Haselhoff non ha commentato: i ciuffi centrali delle formazioni di Chehalis e del Sussex e l'intera formazione di Beckhampton.


A questo punto aggiungerei che la richiesta di Grassi di più prove era stata già affrontata. Questo è ancora oggi il fulcro delle mie personali attività sui cerchi nel grano. Uno specifico caso (Hoeven 1999) era stato già studiato in dettaglio e pubblicato nel mio ultimo libro, che è in possesso di Grassi e ha formato la base dei suoi studi.


Confermiamo che abbiamo studiato anche il caso di Hoeven.


Grassi ha richiesto anche i dati grezzi di questa formazione, tuttavia non li avevo prontamente disponibili. Da allora, novembre 2003, non ho più sentito nulla da Grassi.


È una visione molto riduttiva.

Aprile 2003: Grassi invia il suo primo messaggio, qualificandosi come ricercatore sui cerchi nel grano, chiarendo correttamente la sua intenzione di verificare le affermazioni di Haselhoff e chiedendo tutti i dati analizzati nell'articolo. Riceve solo una risposta automatica; Haselhoff è temporaneamente irraggiungibile.

Maggio 2003: Grassi prova ancora. Haselhoff manda i dati di Dreischor e aggiunge che manderà anche i dati di Devizes, Chehalis, Sussex e Hoeven, non appena riuscirà a recuperarli (!).

Novembre 2003: Grassi chiede di nuovo. Haselhoff non è ancora riuscito a recuperare i dati (!), ma assicura che tenterà.

Febbraio 2004: uno di noi (Russo), che si è interessato particolarmente al caso di Hoeven, decide di compiere un ultimo tentativo di ottenere i dati. La sua e-mail chiarisce che sta chiedendo i dati allo scopo di verificare l'analisi di Haselhoff. Non riceve alcuna risposta.


Comunque, oltre all'informazione dettagliata nel mio libro, Grassi era anche al corrente del rapporto estensivo su questo caso che era stato pubblicato molto tempo fa (1999) su internet1, compresi i dati grezzi2.



1 archiv.fgk.org/99/Berichte/Hoeven99/index.shtml


2 www.dcccs.org/sample.htm(attualmente non più on-line)

Non avremmo mai chiesto a Haselhoff i dati di Hoeven, né lui sarebbe stato incapace di mandarceli, se fossero stati già messi on-line. Ovviamente non lo erano; i dati di Hoeven sono suddivisi nei set A, B, C, D, E, F, G, Co (il rapporto1 su Hoeven di Haselhoff contiene i loro grafici, senza valori numerici); un solo set grezzo è stato messo on-line2 (molto più tardi), in una forma veramente grezza (immagini di steli, non lunghezze misurate di nodi). Un singolo set non ha valore per una corretta analisi. La pagina web di Haselhoff non specifica quale set abbia messo on-line, ma un rapido confronto con i grafici nel rapporto rivela che si tratta del set B.


Questo studio discute un caso di un cerchio nel grano che si adatta all'ipotesi BOL con una rilevanza statistica molto alta, ed è perciò in conflitto con la conclusione principale di Grassi che "il coinvolgimento di una qualche forma di irraggiamento elettromagnetico ... non trova supporto nell'evidenza sperimentale".


Di tutti i set di dati di Hoeven, solo il B corrisponde bene al modello BOL ed è evidente che questa è la ragione per cui è stato scelto per la pubblicazione on-line. In realtà è profondamente scorretto isolare quel set dalla massa dei dati per un'analisi statistica: è solo un'altro errore di selezione dei dati. Abbiamo verificato l'analisi di Haselhoff della formazione di Hoeven; i risultati si possono vedere nell'articolo a questo link. In sintesi: l'analisi di Haselhoff è affetta da alcuni errori (perlopiù selezioni di dati); i risultati corretti non mostrano alcuna ragionevole prova a favore delle BOL.


Si può solo fare ipotesi sul perché Grassi abbia deciso di non includere questi dati nella sua analisi.


Sarebbe stato il luogo sbagliato. Il rapporto su Hoeven non era mai stato pubblicato su rivista scientifica, quindi non c'era bisogno di criticarlo su rivista scientifica. Sentivamo che se l'avessimo fatto avremmo potuto attribuire implicitamente al rapporto una credenziale scientifica che non meritava. Inoltre, il nostro articolo era già piuttosto lungo. Quindi abbiamo pubblicato la nostra analisi del caso di Hoeven sulla rivista del CICAP, Scienza & Paranormale (S&P N. 63 - Anno XIII - Set/Ott 2005), e l'abbiamo anche messo online.


Infine, vorrei esprimere il mio sbigottimento circa lo stile roboante e denigratorio dell'articolo di Grassi, in cui pretende di smontare un'affermazione sensazionale. Chiunque legga il mio scritto concorderà che si trattava di un semplice commento al lavoro del gruppo BLT, che suggeriva alcuni adattamenti al modello e portava avanti le loro ipotesi con una versione modificata, solo per stimolare ulteriori studi.


Abbiamo già commentato la recente posizione minimalista di Haselhoff, ma forse qui è opportuno un ulteriore commento. Haselhoff sembra pensare che non avremmo dovuto criticare il suo articolo perché è "un semplice commento". Nel gergo scientifico c'è una differenza precisa tra un articolo sottoposto a peer review e un semplice commento. Un commento è l'espressione dell'opinione (opinione, non scienza) di qualcuno circa il lavoro svolto da qualcun altro, con i limiti imposti dal solo comitato editoriale (e nessun controllo dal gruppo dei revisori). Inoltre, mentre un commento dovrebbe godere del vantaggio di non essere criticabile scientificamente, come espressione del libero pensiero di qualcuno, allo stesso tempo non dovrebbe pretendere di dimostrare scientificamente nient'altro che un pensiero personale e soggettivo.

Abbiamo già fatto notare che il "commento" di Haselhoff non è affatto un mero commento, dato che contiene nuove ipotesi, dati, calcoli e conclusioni, proprio come un articolo a pieno titolo, ed è quindi anche passibile di critiche sul piano tecnico come la nostra. Ma anche se accettassimo - e non la accettiamo - l'opinione di Haselhoff che il suo lavoro non debba affatto essere commentato perché non è - formalmente - un vero articolo, Haselhoff andrebbe incontro a un altro problema. Abbiamo appena criticato la sua asserzione che il suo rapporto su Hoeven fornisca le prove scientifiche che mancavano dall'articolo, ma, a prescindere da questa nostra critica, quel rapporto non è mai stato pubblicato su nessuna rivista scientifica, neppure in forma di commento. Coerentemente con la sua recente visione che niente di meno di un vero e proprio articolo formale e referato dovrebbe mai essere considerato come un tentativo di dimostrare scientificamente alcunché, Haselhoff non avrebbe mai dovuto neppure citare il rapporto su Hoeven come fonte di prove scientifiche.


Secondo me sia lo stile del commento di Grassi che la propaganda ad esso correlata che egli sta attualmente portando avanti su internet e oltre sono di gran lunga sproporzionati, e gettano un'ombra scura sulle sue vere intenzioni.


Propaganda? Non siamo noi ad eseguire selezioni di dati. Analizziamo le informazioni disponibili e pubblichiamo i risultati. Ci interessano solo le affermazioni sul paranormale e i fatti che dovrebbero supportarle. Pertanto, non commenteremo lo stile di Haselhoff né trarremo alcuna conclusione circa le sue vere intenzioni (sebbene i lettori possano anche farlo): ciò va assolutamente al di là dei nostri interessi.

L'articolo-"commento" di Haselhoff porta alla luce un paio di errori molto seri nell'articolo del BLT a cui si riferisce, invalidando effettivamente le sue conclusioni. Questa è una critica seria, comunque sia presentata. Qualunque ricercatore ha il diritto scientifico di criticare il lavoro di chiunque altro. Ogni ricercatore serio conosce questa regola; la scienza non funzionerebbe altrimenti. La ragione principale per cui uno scienziato deve essere così scrupoloso nel suo lavoro è che sa fin troppo bene che, se commette errori, qualcun altro li troverà. Haselhoff era semplicemente nel suo diritto quando ha indicato gli errori del BLT; anche noi.

Inoltre, noi stessi abbiamo direttamente invitato Haselhoff, e Levengood & Talbott tramite Haselhoff, a scrivere una replica ufficiale e a presentarla al JSE. Non eravamo soddisfatti della "reazione rapida" pubblicata da Haselhoff sul sito del DCCCS, perché non era una vera critica scientifica ma una semplice opinione. Abbiamo atteso fino ad ora, aspettandoci una pubblicazione scientifica sia da Haselhoff che da Levengood & Talbott che criticasse il nostro articolo sul JSE in profondità e con critiche ben fondate.

Non siamo chiusi ad alcuna critica scientifica al nostro lavoro, che ovviamente è a disposizione di chiunque voglia esaminarlo. Finora non abbiamo avuto risposte.


Conclusioni



Normalmente, agli autori di comunicazioni scientifiche si chiede un commento prima di criticare il loro lavoro. Non è solo una questione di cortesia, ma evita anche sprechi di tempo prezioso. Qualunque ricercatore serio si prenderebbe il tempo di verificare se c'è qualche fatto che ha trascurato o eventualmente frainteso prima di precipitarsi alle pubblicazioni e ai comunicati stampa. Posso solo concludere che il Sig. Grassi ha poca o nessuna esperienza di comunicazione scientifica. Una corrispondenza franca e onesta, iniziata dal Sig. Grassi e coautori, avrebbe risparmiato a me, a loro e ai curatori di Physiologia Plantarum e del Journal of Scientific Exploration un sacco di lavoro inutile. Apprezzo davvero gli sforzi dediti a perseguire la conoscenza. Tuttavia, non posso evitare di sospettare dal corso degli eventi che il Sig. Grassi fosse più dedito a screditare me e il mio lavoro che a svolgere ricerche oneste e corrette.


Quest'argomento di Haselhoff avrebbe un certo valore se il nostro articolo fosse stato davvero solo una perdita di tempo, cioè se tutte le questioni che sollevava si fossero rivelate prive di fondamento. Al contrario, tutte le nostre conclusioni rimangono valide. Circa i dati di Nieuwerkerk: neppure l'ipotesi dell'incidente trasformerebbe in uno spreco di tempo il nostro lavoro su questo singolo punto. Come minimo, avrebbe portato a identificare un errore la cui esistenza non era mai stata riconosciuta in precedenza, ossia che il set di dati pubblicato nel libro di Haselhoff era del tutto sbagliato.

In effetti ci siamo presi il tempo di verificare la nostra analisi il più a fondo possibile. C'è una ragione se il nostro articolo porta tre firme: abbiamo discusso estesamente ogni singolo punto. Abbiamo anche chiesto l'opinione di parecchi altri esperti. Questo processo ha richiesto un sacco di tempo, ma è stato speso bene. Il solo spreco di tempo che abbiamo incontrato durante questo studio è stata la vana attesa della maggior parte dei dati che abbiamo chiesto a Haselhoff. Comunque, in due occasioni (Grassi, aprile 2003; Russo, febbraio 2004) abbiamo tentato di discutere con lui dei punti oscuri del suo lavoro, senza alcun risultato. Abbiamo semplicemente lasciato perdere.

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