Il caso di Cennina del 1954

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AlessandroZ007
00mercoledì 16 febbraio 2011 19:04
1/11/1954 ore 6:30
“Rosa Lotti Dainelli, una contadina di quaranta anni, sposata e madre di quattro figli, il giorno della festa di Ognissanti uscì di buon ora (erano le 06:30) dalla propria abitazione, una casa colonica del podere "La Collina", posta in un luogo isolato, per recarsi alla messa nella chiesa di Cennina. Aveva con sé un mazzo di fiori che voleva offrire alla madonna e teneva in mano le scarpe nuove e le calze nere per non sporcarle o sciuparle durante il cammino, dal momento che per arrivare a Cennina doveva percorrere un sentiero di campagna. Giunta nei pressi di una piccola radura scorse davanti a sé. A circa 20 metri, un oggetto scuro, appuntito che sporgeva dai cespugli. Avvicinatasi poté constatare che l'oggetto era una specie di grosso fuso, molto panciuto nella parte centrale e molto appuntito alle estremità, situato in posizione verticale ai margini della radura, presso un alto cipresso, con una punta infilata nel terreno. Era alto circa due metri e largo, al centro, circa un metro e venti centimetri, di colore marrone opaco. Nella parte centrale si notavano, opposti l'uno all'altro, due finestrini a forma di oblò e, in mezzo a questi, ricavato nel "cono" inferiore, uno sportello di "vetro" chiuso. Improvvisamente due esseri sbucarono dai cespugli, tagliandole la strada. Erano piccolissimi, di statura paragonabile a quella dei bambini di quattro o cinque anni (circa un metro), ma perfettamente proporzionati e del tutto simili a noi. Indossavano una tuta grigia, aderente, che copriva tutto il corpo, compreso le gambe e i piedi. Sulle spalle avevano una corta mantella e sul torace un giubbotto accollato con piccoli bottoni lucenti. In testa portavano un casco apparentemente di cuoio che copriva, con due dischetti, anche le orecchie. Uno dei due cominciò a parlare in un linguaggio sconosciuto, talvolta rivolgendosi all'altro; poi sorridendo, le prese dolcemente di mano il mazzo di fiori e una calza e, esaminati i fiori, si avviò verso il fuso. Alle proteste della Lotti, l'essere le restituì una parte dei fiori, ma non la calza e, appoggiando la mano sullo sportello, lo fece aprire verso l'esterno. Dal momento che la teste si trovava a meno di due metri dal fuso, poté vederne l'interno, ove scorse due piccoli sedili rotondi e piatti, senza spalliera, fronteggianti i due oblò laterali. Gettati fiori e calza all'interno, l'essere trasse fuori un "rotolo" colore marrone scuro a forma di cilindro con le estremità arrotondate, dalla superficie liscia e uniforme, che puntò longitudinalmente verso la donna, guardando alternativamente esso ed ella, dando l'impressione di scattare delle fotografie. In quel momento la donna ebbe paura di poter essere uccisa; così con passo svelto, si allontanò dalla radura. Gli esseri non tentarono di seguirla, ma sembrarono porgerle l'oggetto, come per dono. Poco dopo la vegetazione le nascose il tutto alla vista. L'unica traccia rinvenuta successivamente in loco fu un foro sul terreno, presumibilmente dove era infilato l'oggetto, constatato da tutti coloro che, appresa la notizia, vollero recarvisi a vedere (compreso il marito della teste). Rosa Lotti risultò persona di tutto rispetto, seria, sana di corpo e di mente. Una conferma indiretta del caso sembra venire da due bambini del luogo, i fratelli Ampelio e Marcello Torzini, rispettivamente di sei e nove anni. Infatti, in un "pensierino" scritto a scuola alcuni giorni dopo il fatto, Ampelio raccontò che, il mattino del primo novembre, mentre si trovava nella zona col fratello a pascolare i maiali, udì parlottare e scorse la Lotti che discuteva con gli "omini", nella radura. Il fratello maggiore corse ad avvisare il padre, ma quando questi poté arrivare. La radura era ormai deserta. Quest'ultima testimonianza potrebbe, però essere il frutto della fantasia dei bambini, forse stimolata dall'illustrazione che Walter Molino dedicò al caso sulla copertina della "Domenica del Corriere". Ad ogni modo i due bambini non si mostrarono molto loquaci, lasciando intendere un divieto di parlare imposto dai genitori. Indagini furono svolte anche dai Carabinieri.
[“La Nazione Italiana”, “Nazione Sera” e “Il Giornale del Mattino” del 02-11-1954; “Il Giornale del Mattino” del 03, 05, 12-11-1954 e del 02-03-1955 (?); Inchiesta del GRSFU di Prato del 20-02-1972 e del 30-04-1972; Inchiesta di Roberto Pinotti e Pier Luigi Sani dell'11-12-1977; AA. VV., UFO in Italia - vol. II - L'ondata 1954, Tedeschi 1980, pp. 287-304]. “
(caso 1954 AR 12 - 54-11-01 - Cennina - 06:30 - IR-3)



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http://www.ambrafilarmonica.it/archivio/cennina_ufo/cennina_1954.htm
Hybrid1973
00mercoledì 16 febbraio 2011 21:32
Un caso che mi ha sempre intrigato.
Testimonianze oculari multiple; niente male!
Grazie di averlo riproposto.
AlexDust.
00giovedì 17 febbraio 2011 11:29
E' il caso che riporto sempre agli amici scettici... La probabilità di una mistificazione è moooolto bassa, anche considerando il periodo e l'estrazione sociale della testimone (una persona semplice, non una mitomane) [SM=g27988]
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