Clima: da Coca Cola a Nike, multinazionali in campo
Nyt, contro surriscaldamento terra, ma per interessi economici
(ANSA) - NEW YORK - Salvare l'ambiente per proteggere i propri interessi economici: le grandi aziende americane hanno scoperto i rischi del riscaldamento climatico e chiedono ai governi nuove leggi a difesa dell'ambiente. Alla base, pero' - scrive il New York Times - non c'e' tanto la volontà di preservare il pianeta, quanto piuttosto quella di proteggere il portafoglio. Il quotidiano in un ampio articolo in prima ricorda quanto accaduto ad una delle aziende simbolo degli Stati Uniti, la Coca Cola. Nel 2004 la multinazionale perse una licenza in India a causa di una carenza di acqua: e dopo un decennio di danni crescenti al suo bilancio provocati dalla siccità\ ha realizzato che il riscaldamento climatico ha inevitabilmente un impatto significativo dal punto di vista economico. "Siccità più frequenti, alluvioni che sarebbero dovute avvenire una volta ogni cento anni e che invece avvengono ogni due anni, un clima sempre più imprevedibile, sono tutte minacce per la nostra industria", ha spiegato Jeffrey Seabright, vice presidente per l'ambiente e le risorse idriche di Coca Cola. Gli eventi climatici danneggiano le materie prime per le bibite, come la canna da zucchero, la barbabietole da zucchero e gli agrumi. Quella di Coca Cola e' una visione che riflette il pensiero di un numero crescente di aziende americane - spiega il Nyt - le quali vedono il riscaldamento climatico come una forza che contribuisce a diminuire il prodotto interno lordo, facendo aumentare i costi delle materie prime e i rischi finanziari. Tra queste aziende c'e' anche Nike, che ha 700 stabilimenti in 49 Paesi, molti dei quali nel sud-est asiatico, e a cui le condizioni meteorologiche estreme creano parecchi danni alla produzione. Tale visione - sottolinea il quotidiano - e' invece difficile da fare accettare a Paesi come India e Cina, dove il carbone ha permesso a milioni di persone di uscire dalla povertà. Il tema e' stato affrontato anche da politici e manager al World Economic Forum di Davos, in Svizzera, e vede in prima linea l'Onu e la Banca Mondiale. Il presidente di quest'ultima organizzazione, Jim Yong Kim, per esempio ha messo i cambiamenti climatici al centro della sua agenda, citando il riscaldamento globale come la causa principale per l'aumento dei tassi di povertà a livello mondiale e il crollo del Pil nei Paesi in via di sviluppo. (ANSA).
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